Africo e l’Aposcipo. La valle del fare anima
Dal culmine della salita osservo il dedalo di valli e montagne. Forme familiari! Negli anni le ho viste altre volte. Ma oggi sono basito: da quassù stento a riconoscerle, schierate tutte insieme in un grande cerchio di pendici dirupate, culmini
Est delle Ciavole. L’oriente verso cui orientarsi
Sospesi su una ripida prateria. Come insetti nell’immenso. Sotto, l’abisso, precipite e sfasciato. Sopra, un torreggiare di rupi, stagliate come guglie di templi e fortezze sull’azzurro del cielo. Pini mostruosi lanciano le loro membra di oranti
L’universo, la terra, la danza delle ginestre
Divenire fiori e sbocciare. Invadere i prati, le colline, le valli, le montagne, il mondo. Questo dovremmo imparare noi uomini a primavera, come un sapere alchemico. E non c’importi dell’universo: ci basti, invece, quest’angolo di Terra, nel cuore
Splendore e genio delle cose semplici
Nell’asfissia della complessità che ci soffoca provo un acuto bisogno di respirare cose semplici. Ieri qualcuno mi ha scritto. “Gentile Francesco, vivo in Toscana, ma con mia moglie sto svernando ai piedi dell’Aspromonte, nella terra dei gelsomini
Dispersi, fra la terra e il cielo
Una di notte. Classico dei miei dopo-cammini. Ho dormito appena quattro ore. Ma ora sono sveglio, con gli occhi sbarrati dall’impellenza di scrivere. Ho ancora nelle orecchie il sax tenore di John Coltrane in “Kind of blue” di Miles Davis
L’anima della montagna e della terra
Sento gli alberi, e i loro pensieri. Avverto la montagna, e la sua commozione. Osservo la valle, e le sue lacrime. Sono creature animate. Persone. Compagni di viaggio. Se io sono il soggetto, loro lo sono in egual misura. L’impresa biotica sulla
Lettera di una rovina al prof. Settis
Caro Salvatore, mi scuserai se ti do del tu. Ma ho mille anni di vita, e per me sei come un figlio. Ti ho atteso tanto: finalmente sei tornato! Si, lo so che non eri mai venuto qui, in questo luogo preciso. So, però, che sei stato al capezzale di
Martello o la redenzione della Calabria
Può un romanzo, sia pure straordinario e narrativamente perfetto, dire qualcosa d’importante per una terra come la Calabria, affetta da numerose contraddizioni? Sì, lo può, in forza della sua carica poetica, perché niente è più adatto della vera
Seme nella terra
Avverto il richiamo. La mia montagna del cuore mi invoca. E' Pasqua. Sono irrequieto. Potrei riposare. Ma quando la prima luce penetra attraverso le persiane, odo la voce. Cammino, solo. Il cuore in subbuglio per le mille ansie di un uomo
Questa è la mia terra. Dove altro dovrei andare?
La vecchina è seduta su una sedia sbrindellata, nel prato davanti alla baracca degli attrezzi e a quella delle pecore, che belano inquiete. La troupe televisiva saggia le inquadrature e istruisce il conduttore. Fuori campo, il conduttore