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Nell’asfissia della complessità che ci soffoca provo un acuto bisogno di respirare cose semplici. Ieri qualcuno mi ha scritto. “Gentile Francesco, vivo in Toscana, ma con mia moglie sto svernando ai piedi dell’Aspromonte, nella terra dei gelsomini. Ho camminato a piedi nudi sulla sabbia lambita dal mare. Ho visto nascere i fiori in pieno inverno. Ho imparato ad ascoltare le rovine. Ho comprato tanti libri per capire questa terra. Sono stupito e commosso. Mi piacerebbe conoscerla e camminare con lei”.
Gli ho ricordato un pensiero di Pedrag Matvejevic e cioè che per molti nordici il Mediterraneo è un destino. Gli ho detto che la Calabria e il Sud non diventeranno mai fabbriche, industrie, mercati, stadi, palestre. La Calabria e il Sud sono solo miniere dismesse. Senza minatori, nastri trasportatori, carrelli, cavatori.
Non ci sono metalli preziosi da estrarre e vendere chissà dove. Le pietre, siano esse filoni auriferi o rovine, monumenti o foreste, spiagge o montagne, cascate o grandi alberi, rupi o orizzonti, cibo e tradizioni, relazioni con uomini e luoghi o paesaggi, realtà o misteri, stanno in mille giacimenti a cielo aperto. Basta conoscere, custodire, rispettare, amare quelle pietre. Ed esse richiameranno migliaia di persone che cercano luoghi dove rinascere, trovare nuove patrie. Come è per me oggi, che il maltempo vuol tenermi prigioniero in casa. E invece sento il bisogno di uscire e sentire il vento sferzarmi, il nevischio lambirmi, la tempesta mostrarmi la sua forza buona. Non farò duecento chilometri per trovare la mia miniera. C’è quella dietro casa. E’ lì che oggi cerco di sconfiggere la mistificazione della complessità.
Sulla montagna cui appartengo, il Reventino, è calata l’ultima neve. Grigio è il cielo. Gravido di pianto. Le sue lagrime ci inondano. Ora come minuscole punte di ghiaccio, ora come neve, ora come gelida acquerugiola. Camminiamo fiottando vapore in mezzo al gelo. Parliamo agli alberi e alle pietre, al vento e alla nebbia, ai ruderi di vecchie capanne e alle tracce degli animali. Non ci serve conoscere una lingua straniera per essere nel mondo. Ci basta scavare nel fondo del nostro linguaggio dimenticato per trovare il cuore del Mondo.
Questa terra dove nacque e prosperò la filosofia antica, dove vissero migliaia di eremiti ed asceti, dove la magia e il sacro indugiano ancora, in uomini e luoghi … Questa terra sarà sempre la negazione di qualunque fraintesa modernità, di qualunque complessità. Qui la competizione, il mercato, l’innovazione, la fretta, il vociare sguaiato saranno sempre accidenti, stranieri, trapianti malriusciti. Perché questa è e sarà sempre la terra dello splendore e del genio delle cose semplici.