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Avverto il richiamo. La mia montagna del cuore mi invoca. E' Pasqua. Sono irrequieto. Potrei riposare. Ma quando la prima luce penetra attraverso le persiane, odo la voce. Cammino, solo. Il cuore in subbuglio per le mille ansie di un uomo, che è un progetto gettato sulla Terra, come diceva Heidegger. Ho percorso cento volte quel sentiero. E cento volte la montagna mi è apparsa diversa. Una stagione, una luce, una nube, un fiore, un colpo di vento ... Il suo aspetto è sempre uguale, e sempre differente. Anche stamani. Quando tutti, laggiù in città, soffocano nell'inquieto sonno mattutino. Respiro e ansimo, su per l'erta pietrosa. La pianura e le valli sono solcate da nuvole basse. Che ristagnano come fumo. Le nubi plumbee, alte nel cielo, non se ne curano. Le hanno scacciate dal loro regno iperboreo. Sono nel mezzo. Osservo dall'alto la terra e dal basso il cielo. Una luce tenue, grigia, inonda tutto. Ma le viole rifulgono come lampade. Luccicano i muschi madidi di rugiada. Occhieggiano pallidi, i verdi licheni sulle rocce. Sento i piedi trasformarsi in radici. Voglio esplorare la terra palmo a palmo, fin nei recessi più riposti e segreti. E ingravidarla col mio seme.