Dai vigneti-giardini i migliori calici

Scritto da  Pubblicato in Gianfranco Manfredi

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Vini, vigne, vitigni, vignaioli e …emozioni enologiche nel profondo Sud. C’è anche in Calabria un importante patrimonio culturale-paesaggistico legato al mondo della vite e del vino. Ci sono lembi di territorio, pure estesi, che da secoli, se non da millenni, sono segnati dalla cultura materiale viti-enologica calabrese. Oltre i calici, insomma, c’è una Calabria che può rivendicare con orgoglio un’originale cultura del vino e dei vigneti, un suo patrimonio di saperi, un proprio savoir-faire. Ed è un orizzonte che implica molto di più della sola conduzione agricola. Coglie a tutto tondo, nella loro interezza – nella perizia manuale e negli aspetti umani, sentimentali, esistenziali –  gli addetti ai lavori in vigna.

Non ho dubbi, perciò, nel collocare in questi scenari e in queste motivazioni l’intensa giornata che sabato 22 settembre “Euvite” ha dedicato ai Viticoltori d’eccellenza cirotani. L’ associazione non è solo cirotana: da oltre un anno riunisce cinque aziende calabresi (oltre alle cantine Librandi di Cirò Marina, Statti di Lamezia Terme, Serracavallo di Bisignano, Malaspina di Melito Porto Salvo e Poderi Marini di San Demetrio Corone) in rappresentanza di cinque diversi terroir. Eppure sono proprio i vignaioli cirotani ad essere additati come “Esempio virtuoso per la crescita del livello qualitativo della viticoltura del territorio”.

Ci sono certo altri notevoli paesaggi vinicoli calabresi. Penso al Lametino, alle colline di Donnici, di Bisignano, al Reggino. Ho visto splendidi vigneti sulla Costa Viola, sui contrafforti che scendono a mare tra Scilla e Bagnara, dove tutti avrebbero giurato sull’impossibilità di qualsiasi coltura. Eppure quei miracoli della testardaggine calabrese sono ancora lì, certo in parte ora abbandonati, ma rappresentano con quegli acrobatici terrazzamenti, ancora più audaci di quelli delle Cinque Terre, un paesaggio antropizzato fra i più straordinari del mondo, conferma di quello di cui è capace l’uomo quando vuole ottenere dalla natura, senza violentarla ma governandola con giudizio, unendo intelligenza, saggezza e testardaggine. Un altro vigneto-modello m’ha sorpreso a San Demetrio Corone. Ricopre ordinato, degradando verso la piana di Sibari e il mar Jonio, una collina prospiciente il borgo antico di San Demetrio Corone, “capitale” della cultura arbrëshë .

I vigneti cirotani, però, rappresentano un unicum. Li contraddistingue innanzitutto l’estensione (che non ha eguali in Calabria e li qualifica una delle aree vinicole più importanti del Mezzogiorno) ma anche la singolarità di vigneti che coi loro filari giungono fino al mare, confinano col bagnasciuga. La giornata “cantiere” del 22 settembre a Cirò Marina ne ha svelato la straordinaria bellezza grazie al tour guidato personalmente da Nicodemo Librandi nei vigneti delle zone storiche della Doc Cirò. Ha fatto da battistrada al comitato scientifico che poi ha selezionato i vignaioli ai quali conferire il tradizionale Premio al viticoltore d’eccellenza del Cirò. Come non citare il vigneto-giardino di Francesco Porti, vignaiolo e gentiluomo, presidente del gruppo di viticultori che conferiscono le loro uve alle Cantine Librandi? I filari, schierati in ordine perfetto, uniscono la sua casa di campagna, di raffinata semplicità, all’azzurro del mar Jonio. Una vista che sembra evocare Cesare Pavese: “La vigna è fatta anche di questo, un miele dell’anima, e qualcosa nel suo orizzonte – scriveva in Ferie d’Agosto – apre plausibili vedute di nostalgia e speranza”.

VignetoFrancescoPorti

In serata, un interessante convegno moderato con garbo e competenza dalla giornalista Clementina Palese dell’Informatore Agrario e poi la cerimonia con la consegna dei premi Vignaiolo di eccellenza 2012. Ha vinto Antonio Santoro, uno dei giovani coltivatori di Cirò che ancora si dedicano all’agricoltura. Gli altri trofei sono andati a vignaioli storici: Raffaele Sicilia, Nicodemo Parrilla e Salvatore Mezzotero, testimoni tenaci e sapienti di una perfetta conduzione della vigna. In particolare la commissione scientifica ha apprezzato la modalità di esecuzione degli innesti, molto curati ed efficaci e lo studioso Diego Tomasi, dell’istituto di viticultura di Conegliano Veneto, ha spiegato che le tecniche di potatura “alla calabrese” sono ai massimi livelli e invano altrove si cerca di imitarle. Con cosa brindare al merito di questi autentici eroi “della resistenza in vigna”? Mi ha impressionato quello che considero in questo momento uno dei più riusciti – per fragranza e gradevolezza – bianchi calabresi: l’Asylia 2011, il fresco e sapido Melissa Doc delle Cantine Librandi.  Provatelo con un piatto di gnocchetti di patata conditi in bianco con porcini e filetti di gallinella (pesce coccio) e poi mi direte. E’ un calice luminoso e agrumato che profuma di ginestra e rose bianche e si fa apprezzare anche per l’ottimo rapporto qualità-prezzo.

 

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