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di Gianfranco Manfredi
Come scegliere il vino al ristorante? Sono stati scritti ampi trattati sull’argomento, per cui rimando ai Testi Sacri della sommellerie chi volesse approfondire adeguatamente la materia come merita. Qui, perciò, mi limiterò solo a qualche suggerimento pratico, poche istruzioni per l’uso semplici semplici. Comincio allora col segnalare che il problema si pone sia nei locali con poche etichette disponibili, sia in quelli meglio dotati o dotatissimi. Nel primo caso raccomando di scegliere i vini che si consumano maggiormente (in genere consigliati) perchè almeno così si azzera il rischio della cattiva conservazione. Bottiglie pregiate, in trattorie modeste, quasi sempre sono care, mal conservate e quindi dal contenuto deludente perchè esposte al caldo e alla luce. Diversa, invece, la scelta nei ristoranti con un’ampia rassegna enoica. Se non ci sono problemi di budget e in sala c’è un sommelier si possono accettare senz’altro anche i suggerimenti più costosi: non c’è posto migliore di un buon ristorante per vivere l’esperienza esaltante di brillanti accostamenti cibo-vino con straordinari esiti sensoriali.
In genere a tavola (ed anche prima ancora di sedersi) si comincia con vini bianchi: è una scelta dominante, che chiama in causa anche fattori psicologici e fisiologici. I colori tenui, i profumi fruttati e floreali, la freschezza e la temperatura bassa con cui vengono serviti, li rende ideali per cominciare (quindi come aperitivi), con gli antipasti, col pesce e i crostacei, ma anche con le carni bianche e con le salse chiare. Il colore del vino, del resto, si armonizza col cibo e non si tratta solo di un fatto estetico… Pensate che, per quando riguarda le pietanze di origine ittica, si parla non solo di vini bianchi, ma si scende fin nei particolari definendo categorie o “famiglie”, come i cosiddetti “vini da frutti di mare” (in genere quelli più freschi e leggeri, ricchi di acidità), “vini da crostacei” (un classico è lo chardonnay), “vini da pesce” (secchi ed anche corposi e meno secchi, a seconda della cottura e degli ingredienti del piatto).
I “muscoli” dei vini rossi, la loro struttura più solida prima ancora che la complessità e la ricchezza di sapori, li rende invece più adatti all’accompagnamento di pietanze più pesanti, dai sapori forti. Il colore, d’altra parte, li accorda naturalmente alle carni rosse e alle salse e ai condimenti più scuri. Nei rossi, poi, c’è il fattore tannino, la sostanza che interagisce con la carne e con i sughi che in genere l’accompagnano. In questa sede mi basta indicarvi i vini più tannici, robusti e maturi come l’abbinamento ideale con le carni rosse e con quelle scure, fino alla cacciagione più importante. E’ bene ricordare, inoltre, che durante i pasti la sensibilità sensoriale va diminuendo e quindi è bene, se si degustano diversi vini, seguire una gradazione, cominciando dai vini più leggeri e più giovani e poi via via passare a quelli più robusti, profumati e importanti.
Un’accortezza che bisognerebbe usare, è quella di degustare prima i vini in grado di valorizzare quelli che seguono, in un’escalation di importanza. Lo prometto: tornerò presto sull’argomento. Ma intanto vi raccomando di stappare una bottiglia di Patros Pietro della cantina Malaspina di Melito Porto Salvo (le sorelle Domenica, Caterina, Irene e Patrizia che hanno impresso una svolta nell’azienda creata nel 1967 dal papà Consolato e dal nonno Pietro Malaspina). Si, lo so, tra i vini del Sud è il Nero d’Avola a far la parte del leone, vero protagonista del boom – forse non sempre meritatamente. Ma si muove anche la Calabria e il nostro fenomeno potrebbe diventare il magliocco, uno dei vitigni (sempre più, anche vino in purezza) più interessanti e apprezzati. Vi consiglio di assaggiare il Patros Pietro, per sincerarvene. magliocco (in questo caso magliocco canino all’80%) con un 20% di cabernet sauvignon, ha intensi profumi di frutti di bosco (ribes e more di rovo) e sentori speziati. E’ ottimo, per i suoi tannini gentili e levigati da un attento uso del legno di rovere, con l’agnello arrosto ben aromatizzato (In enoteca a 12-14 euro). E della stessa azienda vi raccomando pure il Cannìci 2010, lo stupefacente passito rosso, a mio parere il top della casa. Da uve gaglioppo in purezza con vendemmia tardiva, appassite su graticci, Cannici è un rosso dal rubino impenetrabile con intensi profumi di frutti di bosco (ribes nero, more di rovo e fichi neri), sentori speziati (cardamomo) e note cacao di grande persistenza. E’ ottimo con la torta caprese o da solo, come calice da meditazione. In enoteca a 18-20 euro.