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Il cristianesimo si proclama religione universalistica e avrebbe voluto imporsi al mondo intero quale verità rivelata da Dio stesso attraverso le “sacre scritture”. Ma, nonostante secoli di evangelizzazioni più o meno forzate, di repressione delle eresie, di crociate esterne ed interne, di appoggio e supporto a quasi tutti i colonialismi moderni, di cancellazione di culture, di genocidi di massa, di sante inquisizioni non è riuscito nel suo intento, ed anzi ha iniziato a ravvedersi e a chiedere perdono per i peccati commessi dalla Chiesa. Ma c'è un'altra religione che, invece, in poche decine d'anni ha realizzato pienamente quella stessa pretesa universalistica senza bisogno di verità rivelata e, per di più, mettendo insieme genti appartenenti alle religioni più disparate e perfino in conflitto fra loro, come, ad esempio, Cristianesimo ed Islam. È quella del capitalismo finanziario e dell'idolatria del mercato che si autoregola. A questa nuova religione del nostro tempo hanno aderito tutti i popoli, senza distinzione di cultura, credo religioso, ideologia politica, struttura sociale. Restano solo poche comunità incontattate in qualche remoto angolo della foresta pluviale del Sud America, che presto saranno spazzate vie dalle nuove crociate laiche contro tutti coloro che non si siano convertiti al pensiero unico, contro i pagani dell’economia, contro gli eretici dell’edonismo e del consumismo, contro i primitivi. La “religione” del mercato, dunque, ha attuato la sua pretesa universalistica, laddove, invece, il cristianesimo l’aveva perduta. Ma, anche in Calabria vi sono luoghi che costituiscono piccole sacche di resilienza all'universalismo mercantilista. Si tratta di piccoli paesi, villaggi, campagne delle zone collinari e montane interne che sono la nostra “Amazzonia”, che conservano genti semi-incontattate, che non desiderano avere rapporti con la civiltà del pensiero unico. In queste aree marginali della Calabria si vive ancora senza certe ossessioni tipiche della cultura mercantilista. Ecco perché le èlite vogliono che luoghi come questi si svuotino. Ecco nessuno racconta la resilienza estrema di queste genti e dei loro mondi in disfacimento ma che, ostinatamente, pervicacemente, sopravvivono.