© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La politica del Movimento 5 Stelle, anche per la continua ricerca di visibilità, tra carteggi, domande, risposte e annunci. Dichiarazioni e interviste davanti alle telecamere, sulla carta stampata. Post, hashtag, twitter e, come se non bastasse, la trasmissione in streaming, il nuovo modo di fare politica spettacolo attraverso una rete telematica. La diretta streaming sta prendendo sempre più spazio. Secondo alcuni studiosi è una via di mezzo tra radio e teatro. Se non si litiga a voci sovrapposte, viene fuori il dialogo con proposte, controproposte, digressioni, domande e risposte (immediate, pensate, evanescenti, aggirate…). Non c’è bisogno di giornalisti, conduttori, anchorman. In quella che abbiamo visto e ascoltato ultimamente, trasmessa da La 7, Mentana interveniva solo nel momento in cui il “cerchietto trapuntato” interrompeva, mentre il server ricaricava. E’ la peculiarità di streaming: la comunicazione avviene in forma diretta, senza l’intervento di un eventuale coordinatore. Riprese ad inquadratura fissa e protagonisti di profilo, al massimo si girano per tre quarti, raramente verso “il regista”, come ha fatto Renzi nell’incontro con Di Maio, quando è stato avvertito che non stava bene in camicia. I 5 Stelle nella loro giovane esperienza parlamentare hanno sempre occupato il proscenio della politica spettacolo. Dai tetti e dalle caciare in Parlamento e nelle Commissioni al primo streaming con il duo Crimi-Lombardi, già preparati per mettere alla berlina Pierluigi Bersani, alla sordità con Letta, a quello urlato di Grillo, di cattivo gusto per gli insulti sprezzanti, ben assorbiti, peraltro, dalle battute allegre e dai sorrisi disarmanti di Renzi, al più recente con mattatori il vicepresidente della Camera Di Maio e il primo ministro Renzi (quest’ultimo prima in silenzioso ascolto, poi protagonista). Finalmente si è parlato di contenuti. A tal proposito Andrea Sarubbi su l’Unità ha riportato una frase del capo delegazione di 5 Stelle rivolta a Renzi, che risulta, a dir poco, significativa: “Il suo partito e il nostro partito hanno i numeri per migliorare le riforme”. Finalmente la parola “partito” pronunciata da un esponente importante del moVimento, con la V maiuscola a ricordare il “vaffa”. Le parole usate farebbero pensare che, se non altro, una parte del nuovo soggetto politico stellato sia in fase di cambiamento, avvicinandosi, a suo modo, alle istituzioni, almeno in forma di dialogo. Si ha l’impressione che in seno all’M5S si stiano formando le correnti o due linee distinte: gli istituzionalizzati, la cui figura maggiormente rappresentativa dovrebbe essere Di Maio, con comportamenti propri rispetto ai movimentisti antisistema guidati dai leader storici Casaleggio e Grillo. Naturalmente gli interessati smentiscono. Non potrebbe essere diversamente. In ogni caso Renzi ha espresso la sua soddisfazione su quanto è avvenuto in streaming: “L’incontro è andato bene, (…) aperture su molti punti (…) vediamo che succede al loro interno”. Pure Di Maio, al di là della lentezza e di alcuni punti in disaccordo, ha registrato qualche convergenza: “Non gli lasceremo spazio per perdite di tempo (…) Possiamo votare insieme l’abolizione dell’immunità parlamentare e gli altri punti esaminati al tavolo”.
E sull’immunità vorremmo soffermarci. E’ stata votata a maggioranza per mantenerla al Senato che sarà riformato in modo da evitare “disparità tra senatori e deputati”. E però se si modificasse l’art. 68 della Costituzione, lasciando solo il primo comma (“I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”) si farebbe, a nostro avviso, buona cosa. Per dirla in breve e in forma chiara (speriamo), l’immunità, nella prassi parlamentare, era stata allargata, di fatto, nella sua applicazione, diventando, in molti casi, impunità. Fino ad arrivare a “Tangentopoli” (1992-93), allorché alcuni “no” clamorosi alla richiesta di procedimento penale avevano reso improcrastinabile la riforma dell’art.68. Le Giunte apposite per le autorizzazioni a procedere, della Camera e del Senato, non devono deliberare sull’innocenza o la colpevolezza del proprio collega, ma soltanto accertare che nella richiesta della magistratura non esista alcun “fumus persecutionis”. Si riferirà nelle aule di appartenenza tramite relazione scritta “in cui si propone la concessione o meno di tale autorizzazione”. Eppure si sono verificati casi eclatanti di salvataggio di qualche “collega” parlamentare. Ecco perché ne auspichiamo l’abolizione con l’apporto di tutte le forze politiche i 5 Stelle compresi. E mentre stiamo per completare il pezzo, è arrivata la notizia della richiesta di arresto di Galan, deputato di Forza Italia ed ex governatore del Veneto. Non ci è mai piaciuto e non ci piace per niente il tintinnio delle manette. La giustizia è uguale per tutti. Chiudiamo con le parole di Giuseppe Maranini, storico, giurista e professore di diritto costituzionale, scritte alla fine degli Anni ‘60: “Se le odiose immunità penali dei governanti verranno eliminate, se le vacillanti garanzie di legalità si consolideranno, la rivoluzione liberatrice contenuta nella Costituzione scritta non sarà soffocata né dispersa”. In tal senso avanti tutta e con l’apporto di tutti coloro ben disposti a realizzare le riforme. Attenzione! Con “i sassi sui binari” Il treno del cambiamento potrebbe deragliare. Sarebbe un disastro per il Paese.