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“Un pateracchio”, “Un reciproco concedere e ottenere”. Sembrano frasi di disapprovazione espresse oggi a Palazzo Madama sulla riforma del Senato, magari da qualche politico movimentista esagitato, bisognoso di telecamera. Eppure sono parole dette, rispettivamente, da Salvemini e Croce, intellettuali di prima grandezza del Novecento italiano, all’indomani dell’entrata in vigore della Carta costituzionale del 1948. Non furono i soli. Neanche parte della stampa fu tenera (es. Il Tempo di Roma). Troverete le citazioni ne “L’ASSEDIO. La Costituzione e i suoi nemici”, opera del costituzionalista Michele Ainis. Nonostante le stroncature di personaggi così illustri, la Carta costituzionale è stata poi considerata tra le migliori del mondo. Durante i lavori della Costituente non mancarono i contrasti, ma non venne mai meno lo spirito dialogante. Bisogna anche ricordare che nella prima metà del secolo scorso la nostra Nazione è passata dalla monarchia costituzionale alla dittatura fino ad arrivare alla Repubblica parlamentare. Nella seconda parte del Novecento ci sono state alcune riforme (l’istituzione delle regioni) e tentativi di riforma (le tre bicamerali). Pure agli inizi del Terzo Millennio (Titolo V e cambiamenti della seconda parte della Costituzione bocciati dal referendum del 2006). E’ la riprova di un’esigenza sentita, anche se a volte in maniera problematica e complessa, sia dalla classe politica sia dalla società. Ritornando al presente, dopo le sedute burrascose al Senato negli ultimi giorni di luglio e la svolta del primo d’agosto con l’approvazione dell’art.2 della riforma della Camera alta (elezione indiretta di 95 senatori e 5 nominati dal Presidente della Repubblica), pare che siano diminuiti gli schiamazzi. In precedenza abbiamo visto e sentito di tutto: discese ardite di parlamentari padani, cadute e malori ospedalizzati, bagarre, fischietti, caciare, Scilipoti, canguri e cangurini … Invece il primo giorno del mese della canicola (che tarda ad arrivare) si è respirata un’aria un po’ diversa. Solo aventiniani 5 Stelle che vanno e vengono e prove di dialogo tra Sinistra ecologia e libertà e governo.
Cerchiamo di scoprire altri elementi di continuità con la storia, andando oltre l’incipit del pezzo: le disapprovazioni di politici e intellettuali del secondo dopoguerra. Per chi è curioso come noi, è invitato a leggersi l’articolo dello storico Guido Crainz apparso su “la Repubblica” il 31 luglio scorso così titolato “E Terracini [comunista e presidente dell’Assemblea costituente] non voleva Palazzo Madama”. L’articolista, autore, tra l’altro, della trilogia storica Storia del miracolo italiano, Il Paese mancato e Il Paese reale, riporta un titolo de l’Unità del 17 ottobre 1946: “Le Regioni e i Comuni eleggeranno la seconda Camera”. Sembra oggi! Lorenza Carlassare, giurista, costituzionalista e professoressa emerita all’Università di Padova così ha scritto nel suo saggio Un bicameralismo discutibile a proposito del dibattito nell’Assemblea costituente: “Per l’onorevole Einaudi [il Senato], piuttosto, avrebbe dovuto essere composto prevalentemente di rappresentanti regionali (…) nominati in elezioni di secondo grado attraverso i comuni o le stesse assemblee regionali”. Merita menzione pure l’idea di Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei 75 responsabile del lavoro redazionale della Carta. Per Ruini, una volta istituite le regioni, se ne doveva tener conto nella composizione del Senato, considerato “come coordinatore e mediatore dei nuovissimi enti". Sembra oggi! Le nostre esclamazioni sono, in realtà, delle esagerazioni. Alla fine prevalse l’idea delle regioni come collegi elettorali. I senatori, allo stesso modo dei deputati dovevano essere “i rappresentanti della Nazione”. E però indubbio il dibattito serrato che avvenne sui diversi punti di vista. Nella sostanza, con la modifica dell’art. 2 del Senato votata a larga maggioranza, quelle idee minoritarie nel dibattito dell’Assemblea costituente sono diventate oggi prevalenti.