Campagna elettorale no stop con radio, tv e internet

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gull.jpgIl nuovo segretario del Pd, Guglielmo Epifani, già leader della Cgil, è stato eletto a larga maggioranza. Ha ottenuto 458 voti, l’85,8% dei suffragi. Questo è il dato importante. Si è ricompattato il partito sul suo nome. Dovrà guidarlo fino al Congresso di ottobre, appuntamento essenziale della vita  politica del Pd. Riteniamo sia di scarso interesse che abbia un passato socialista o se debba essere considerato un “traghettatore” o un segretario  “ponte”. Adesso le acque sono più tranquille a livello nazionale. Al contrario rimane confusa la situazione nella nostra Regione. Alcuni parlano già di uscita dalla gestione commissariale con le  elezioni del segretari provinciali e regionale. Ma nel momento in cui scriviamo, non ci risultano candidature al riguardo. Abbiamo letto su alcuni giornali che “si sta costruendo il partito delle tessere”. Restiamo in attesa, sperando che il tutto si dipani nel miglior modo possibile a vantaggio della Calabria. Stando così le cose, crediamo sia saggio ritrovare un po’ di serenità e “unire la fase congressuale regionale a quella nazionale”, come d’altronde richiesto dall’Areadem. In tal modo si ha il tempo  necessario di riflettere su politica, partito e partiti, cercando contenuti e non la resa dei conti. Prima d’inoltrarci nelle argomentazioni, uno sguardo alla storia trascorsa, solo per vederne il percorso in quanto non si può ragionare con le categorie del passato adeguandole al presente.

La politica si è trasformata dall’Ottocento ad oggi. Dai parlamenti dove avvenivano le discussioni (il parlamentarismo) a partiti esuberanti che occupavano Stato e società, assicurando carriere politiche ai propri dirigenti. In compenso, corre l’obbligo ricordare che le formazioni politiche del secondo dopoguerra, dopo aver combattuto la dittatura fascista, erano state le protagoniste della democrazia italiana, introducendo il suffragio universale  con il referendum del 2 giugno ’46 e facendo eleggere all’Assemblea costituente i rappresentanti di appartenenza, i padri fondatori della nostra Costituzione. E l’Italia divenne una Repubblica democratica parlamentare. Tra i diversi capi politici riconosciuti dalle folle che riempivano le piazze dei comizi c’erano De Gasperi e Togliatti, segretari, rispettivamente, della Democrazia cristiana e del Partito comunista italiano, gli antenati delle due “anime” più importanti dell’attuale Pd. Macchine fotografiche, radio e televisione (qualche anno dopo) risultavano poco invadenti. A informare e a diffondere ideologia ci pensavano I giornali. Non avevano rivali, non essendo ancora nati internet e derivati (facebook, twitter, streaming). I partiti allora avevano l’ambizione di controllare tutto o quasi attraverso sindacati, cooperative e associazioni di ogni tipo. Organizzavano le campagne elettorali, elaboravano i programmi, selezionavano classe dirigente. Solo la Chiesa poteva competere attraverso la sua organizzazione altrettanto capillare e “influente” verso alcuni partiti. Pure le associazioni imprenditoriali tessevano rapporti con le formazioni politiche. C’erano le classi sociali e l’appartenenza era quasi automatica. A dire il vero anche l’interclassismo democristiano in genere funzionava. Inoltre welfare, accordi e compromessi avevano in qualche modo ridistribuito una parte (forse minima) della ricchezza del Paese fra i vari ceti, in particolare quelli maggiormente svantaggiati.

Poi  benessere,  consumismo,  mutamento degli equilibri internazionali, specialmente l’abbattimento del muro  di Berlino e il crollo dei Paesi a socialismo reale, cambiarono i modelli di riferimento e gli orizzonti di senso dei partiti. Nel frattempo la società italiana era cambiata: in virtù del progresso economico si erano espansi terziario, pubblico e privato; classi medie e manodopera qualificata cominciavano a contare di più rispetto alle “masse”. I partiti provarono ad andare oltre il proprio elettorato di appartenenza per prendere voti nei bacini elettorali dell’avversario. Era prioritario vincere le elezioni e governare.  C’era meno bisogno della macchina organizzativa e operativa del partito. Bastavano la televisione e gli spot. In seguito internet ha segnato il cambiamento. Negli ultimi decenni le organizzazioni politiche sono diventate più leggere. Infatti per gli appuntamenti elettorali fanno esternalizzazione (sondaggisti, esperti di marketing elettorale, agenzie specializzate), con pochi attivisti. Per il resto tornano utili i salotti televisivi, la stampa, la teatralità, in alcuni casi  parolaia e scurrile. A volte si chiama a raccolta il proprio elettorato in piazza; ma il comizio diventa uno show; si parla per slogan con le telecamere già posizionate. Sotto le luci della ribalta il leader mediatico e la personalizzazione della politica. Non tutto, però, è andato per il verso giusto e/o in maniera lineare. Abbiamo semplificato al massimo per restare nei limiti del blog; in ogni caso una fetta di storia è stata quella appena raccontata. Il resto alla prossima puntata.

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