Il campo di grano. Il fiume. La pietra del capitano

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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Sabato pomeriggio. Ho tre ore a disposizione. E’ il mio “tempo libero”. Quel tempo che spesso vivo come una colpa: non lo sto dedicando al lavoro, non alla famiglia, non all’ambientalismo (inteso come impegno di volontariato per i vari scempi che accadono quotidianamente in Calabria). Non ho alcuna voglia di restare in casa a scrivere o a leggere. Con la primavera è esploso il desiderio di evasione, di fuga, di libertà. Devo vedere il verde che incorona gli alberi, l’erba che invade i campi, i fiori che sbocciano nei prati, le gemme che spuntano tra le fronde. Devo sentire l’odore della verzura, il ronzare degli insetti, il frusciare del vento. Devo poter notare il dileguarsi di una lucertola, di un ramarro o di un serpente. Devo attraversare campi coltivati, accuditi. Devo avere orizzonti dinanzi agli occhi. Decido di continuare la ricerca di un sentiero che congiunga la mia casa al Borgo di Panetti, nella valle del Piazza. Come un rabdomante, da mesi scandaglio il territorio. Per comporre un puzzle. Trent’anni fa la gente del Reventino scendeva ancora a piedi a Nicastro per portare ortaggi, animali da cortile, formaggi, salumi, pane, castagne, olive, al vecchio mercato. E lo faceva attraverso un dedalo di sentieri, violi, cave, perfino di semplici piste che passavano di proprietà in proprietà, di coltivo in coltivo, scavalcando i muretti a secco che sorreggevano i terrazzamenti attraverso scalini lillipuziani costituiti da pietre piatte confitte per metà dentro i muri. Dunque, il sentiero deve esserci. Ne ho già percorso diversi tratti. La mia idea è partire da casa a piedi, senz’auto, e salire sul Reventino: ripercorrere esattamente il viaggio di ritorno di chi, dall’altro versante della montagna veniva a Nicastro al mattino e rientrava alla sera. Perlopiù camminava scalzo. Per non consumare le scarpe. Oggi ho tre ore, dunque, per trovare il tratto mancante. L’ultimo. Raggiungo la casa di Antonio, il contadino noto per i due bellissimi asini che alleva e che ho conosciuto qualche mese fa. Querce gigantesche costellano la sua proprietà. E poi vigneti, orti, boscaglia. Su sua indicazione percorro un violo semi abbandonato. Mi avverte che non passerò, perché ci sono troppi “ruvetti” (rovi), perché è “margiu” (incolto). Mi dota di una falce. Ma, mentre cammino nel “margiu” mi accorgo che la falce mi serve ben poco: il violo fantasma sta ancora lì, dove è stato per secoli. Con solo qualche felce a nasconderlo. E ben presto sbuca su una pista sterrata accanto ad una sorgiva copiosa. Sul margine di un campo di grano. L'elemento cardine dell'antica triade mediterranea: grano, vite, olivo. Le spighe sono il più formidabile tra gli elementi del paesaggio agrario, il più evocatore. Vedere un campo di grano è affondare nella memoria. In un quarto d’ora appena ho collegato i due capi della via che cercavo. Sono giunto, infatti, sulla stradina che proviene da Panetti e che conosco. Un uomo e una donna stanno accudendo a un orto. Dico loro di non prendermi per pazzo. Ma quelli sanno già chi sono: “siete l’avvocato”. Ormai s’è sparsa la voce: uno strano avvocato si aggira, anche da solo, per la valle del Piazza, in cerca di nulla. O meglio, di un nulla che, pian piano, diviene luogo. Nel senso di paesaggio. L’uomo, Pasquale, si offre di mostrarmi qualcosa, giù sul fiume. Ha capito che cerco luoghi perduti e che i luoghi perduti aspettano me, mi richiamano. Vuole essere medium. Scendiamo giù, lungo un sentiero avvolto dalla vegetazione. Siamo sul greto, in una forra favolosa. Risaliamo di poche decine di metri, con i piedi nell’acqua. Trote guizzano nella corrente. Dinanzi a noi una fantastica strettoia con un'enorme rupe tappezzata di muschi, felci, edera. E dietro una cascata. E’ la Pietra del Capitano. Attraverso i miei occhi incantati anche Pasquale è come se la vedesse per la prima volta. La Pietra del Capitano non è più un'escrescenza accidentale della terra, una stranezza geologica. E' un luogo. Con una dignità. Con un valore. Con un'anima.

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