Epifanie d'Aspromonte

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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Le acque si son rotte. A tre ninfe d'Aspromonte. Ad una ho fatto visita domenica scorsa. Senza preavviso. Attratto a lei da una forza irresistibile. Le altre sono in programma oggi. Si chiamano Forgierelle e Palmarello. Ma io preferisco chiamarle con i nomi, più antichi, dei due fiumi che sono le loro case: Aposcipo e Ferraina. Sulla strada per Montalto c'è neve. E c'è ghiaccio. Prendo uno scivolone che quasi mi stordisce dal dolore. Non si passa. Impossibile raggiungere l'imbocco della via più breve per scendere alla cascate. Perdiamo un'ora preziosa. Chiunque avrebbe rinunciato. Con un dolore alla cervicale per lo scivolone dovrei tornare a casa. Ma le ninfe mi attendono, celate in quell'oceano d'alberi. Decido di ripiegare da un accesso più basso e lontano. Guado del Torrente Menta. L'aria è diaccia. Apollo Helios sparge i suoi raggi dorati su questo mondo incantato. Questo Aspromonte, quello della corona sud-orientale di valli e crinali che calano dal Montalto verso lo Ionio, è un dedalo inestricabile. La via è lunga. Troppo lunga. Dubito di raggiungere le ninfe. Boschi di pini. Faggete. Giganti arborei. L'Amendolea serpeggia verso lontananze marine abbacinanti. Le montagne sono barriere oscure che si susseguono a perdita d'occhio. Lunga salita. Poi discesa nel girone infernale dell'Aposcipo. L'acqua è una vetro trasparente, tra l'avion e lo smeraldo. Guadiamo. Risaliamo ancora sino al valico. Provo ad orientarmi per raggiungere la prima ninfa, Palmarello. So che è lì, ma desisto. Proviamo con la seconda. Il tempo trascorre inesorabile. Dal buio del bosco sbuchiamo allo scoperto, sull'imponente gradino geologico del Ferraina. Qui dominano le querce. Che incorniciano pendici dirupate. E lingue detritiche di fiumare che formano meandri infiniti. Rapidi. Giù per lo scosceso sentiero che attraversa sfasciumi di roccia. Un piccolo valico ed appare la seconda ninfa, Forgiarelle. Una nicchia scura da dove il sole è già fuggito. La partoriente scioglie il suo liquido amniotico. Ansimo, sudo, manovro sulla fotocamera senza curarmi del risultato. Per me è importante solo essere lì. Per il secondo parto lustrale del quale sono testimone in questo dicembre. Ma abbiamo poche ore di luce. E siamo in un mondo bello e pericoloso. Anzi, ora so che tutto ciò che è bello è anche pericoloso. Lo comprendo osservando quell'irruzione di acque, quell'epifania liquida. Siamo alle auto che è già quasi buio, dopo un rientro a tappe forzate. Dopo 25 km di cammino, 800 metri di dislivello. Devo avere avuto una produzione fenomenale di dopamina per aver resistito al dolore alla cervicale. Ora batte, come un forsennato. Pazzesco tramonto sull'Etna fumigante: il fuoco del cielo imita la lava che erompe dalle viscere della terra. Le ninfe ringraziano così, per la visita.

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