La politica e la legge elettorale, una storia infinita

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gull.jpgLa storia italiana ci dice che, nella stragrande maggioranza dei casi, dalle vicende post-unitarie in poi, gli interventi in materia elettorale sono state vissute e dibattute all’interno della classe politica con oscillazioni da un sistema all’altro. Nel 1882, con l’allargamento del corpo elettorale (dal 2,2 al 6,9%), la legge cambia: da uninominale maggioritario a due turni diventa plurinominale maggioritario (sempre a due turni). Prende il via il trasformismo, una costante nella storia del nostro Paese. La frase di Depretis, presidente del consiglio di allora, pronunciata alla Camera da cui è stato partorito il termine tanto diffuso  nel politichese italiano era la seguente: “Se qualcuno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se qualcheduno vuole trasformarsi, come posso io respingerlo?”. Nel 1892 si ritorna all’uninominale; allo stesso modo il 1912, quando venne introdotto il suffragio (quasi) universale maschile. Giolitti prese la decisione dopo essere stato per un certo periodo di tempo dubbioso. Infatti anni prima così diceva: “ [Al suffragio universale dobbiamo arrivarci] per un’altra strada: insegnando a tutti a leggere e a scrivere”. Oggi, nel Terzo Millennio, ci vorrebbe un altro tipo di alfabetizzazione indirizzata a nativi digitali ed internauti per acquisire spirito critico. Una Educazione civica  adeguata al mondo televisivo e informatico: bisognerebbe iniziare dalla scuola pubblica insegnando materie fondamentali come Il subliminale in tv e il flusso emozionale sul web. Lasciamo la digressione e torniamo a noi. Nel 1919 di nuovo i collegi plurinominali, ma con scrutinio proporzionale. Durante il ventennio fascista: Nel 1924 viene introdotto il premio di maggioranza (legge Acerbo); nel 1925 l’uninominale maggioritario secco; Nel 1928, il sistema plebiscitario. I primi anni del secondo dopoguerra sono caratterizzati dal proporzionale puro. Successivamente, nel 1953, la cosiddetta legge truffa (senza effetto alcuno, ben presto abrogata) e la riforma del 1993, anno in  cui, per la prima volta  viene coinvolta l’opinione pubblica. E’ l’avvento di quello che sarà in seguito soprannominato Mattarellum: sistema misto, in parte maggioritario secco (75% dei seggi), in parte proporzionale (25% dei seggi). Così fino al 2005. Poi è arrivato il Porcellum  con cui si è votato nel 2006, 2008, 2013. E veniamo ai giorni nostri che hanno visto la bocciatura della legge porcata da parte della Consulta per la contentezza dell’avvocato Aldo Bozzi il quale aveva fatto ricorso ritenendola, a ragione, incostituzionale. Un fatto curioso rivelatoci dal costituzionalista Michele Ainis. Il cittadino elettore di cui sopra, che aveva fatto causa alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’Interno in quanto espropriato del diritto di voto, è il nipote di Aldo Bozzi, presidente della prima  Bicamerale  (1985), commissione composta dai rappresentanti dei due rami del Parlamento, che aveva compiti di studio e di progettazione su riforme costituzionali. Ce ne furono una seconda e una terza: la De Mita-Iotti  (1992), la D’Alema (1997). Tutt’ e tre furono inconcludenti. Fine  della seconda digressione. Riprendiamo il discorso sulla legge elettorale. Dagli anni ’80 in poi abbiamo notato  tanta lentezza sulle riforme. Lo stesso atteggiamento sul Porcellum, nonostante fosse incostituzionale. E adesso? Dopo il pronunciamento della Corte costituzionale e il trasferimento dal Senato  alla Commissione affari costituzionali della Camera del  testo della legge elettorale e le riforme istituzionali, tanta fretta per evitare il ritorno al proporzionale puro.  Si susseguono continue dichiarazioni che si rifanno a modelli d’importazione: modello spagnolo, modello tedesco, modello francese e…le bozze Malan, Bianco, D’Alimonte. Ma si va verso? Secondo Mattia Feltri de La Stampa: “Matteo Renzi è partito dalla legge dei sindaci ed è passato al Matteum (Mattarellum con correzione) per arrivare al Matteum bis (Mattarellum con correzioni ulteriori)”. Il segretario del Pd, alla trasmissione Che tempo che fa, ha messo le cose in chiaro: legge elettorale che dia vittoria certa al candidato e, soprattutto, garantisca governabilità. Come arrivarci? E’ sicuramente impegnativo. Comunque, a nostro modesto avviso, una buona partenza si misura dal fatto che non bisogna pensare solo al proprio particulare. Insomma la legge non deve essere ben calzata, in esclusiva, da un partito o da una coalizione, bensì occorre che sia valida per tutti e sia garante del diritto di cittadinanza di ognuno. In una parola, democratica. Nel contempo, è opportuno che dia possibilità di governo efficace ed efficiente agli attori  della politica.

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