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A Firenze c’è la più antica Facoltà di Scienze Politiche, fondata nel 1875. Porta il nome di Cesare Alfieri, diplomatico e politico del Regno di Sardegna (cugino del più famoso Vittorio, letterato dalla personalità inquieta, per certi versi protoromantico). Nel secondo dopoguerra e per molti anni (dal 1949 al 1968), preside della facoltà fu Giuseppe Maranini che, nel corso del ‘900, ebbe una vita intellettuale alquanto travagliata, forse, a volte, contraddittoria. Attraversò e fece proprie le più svariate e contrastanti ideologie, partecipando a diversi movimenti politici: antiparlamentarismo di fine Ottocento, il socialismo riformista, il nazionalismo, il fascismo, il liberalismo anglosassone. Negli anni ’60, in pieno centro-sinistra, collaborò all’Appello per una Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi, ma non firmò né aderì al progetto politico. Fondò Alleanza costituzionale, un’associazione di studiosi e politici di varia provenienza che si caratterizzò come gruppo di pressione per una Costituzione al passo con i tempi. Fu fra i primi ad usare il termine partitocrazia (in precedenza Roberto Lucifero e Arturo Labriola). Il termine fu adoperato in occasione della prolusione, Governo parlamentare e partitocrazia, all’inaugurazione della sua presidenza nell’anno accademico 1949-1950.
Non era contro i partiti perché convinto che non se ne potesse fare a meno: “ La libertà e per conseguenza la pluralità dei partiti è fondamentale premessa di ogni democrazia liberale; ma non lo è il controllo unilaterale esercitato sui supremi organi costituzionali da parte di irresponsabili strutture partitiche (G. Maranini, Storia del potere in Italia, Ed. Il Corbaccio). Qualche stralcio delle ultime pagine del libro appena citato perché attuali dopo quasi mezzo secolo: “La partitocrazia, attraverso la legislazione, operando e omettendo, può agevolmente sbarazzarsi del terzo potere (la magistratura), o distruggerne il prestigio (…) Se le odiose immunità dei governanti verranno eliminate, se le vacillanti garanzie di legalità si consolideranno, la rivoluzione liberatrice contenuta nella Costituzione scritta non sarà soffocata né dispersa”. Quale fu l’atteggiamento da parte del mondo culturale e accademico nei confronti di uno studioso così importante? La risposta l’ha data Angelo Panebianco con tre parole: “Rispetto, ostilità, incomprensione”. Non era ben visto per colpa del suo coinvolgimento, in un certo periodo, con il fascismo, nonostante se ne fosse poi allontanato. In compenso era conosciuto e apprezzato dal grande pubblico in virtù dei suoi articoli su La Nazione e il Corriere della Sera. Oggi, sebbene si abusi del termine partitocrazia da giornalisti, politologi, costituzionalisti, Maranini viene citato pochissimo. Eugenio Capozzi, docente di storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”, ricostruisce la storia del Preside dell’ Alfieri ne “Il sogno di una Costituzione. Giuseppe Maranini e l’Italia del Novecento ( Ed. Il Mulino)”. Ha ridato così merito alla sua opera di docente al di là dei suoi eventuali errori politici. Per tutto quello che succede oggi (anche ieri e ieri l’altro) nei partiti e nelle istituzioni, sicuramente si starà rivoltando nella tomba. Doverosi questi cenni storici, anche se allungheremo il blog. Vorremmo ora spostare l’attenzione sulla Facoltà fiorentina e sugli studiosi che vi si accostarono.
Giuseppe Maranini innovò la Cesare Alfieri caratterizzandola con un’impostazione multidisciplinare e interdisciplinare: diritto pubblico, scienza politica, sociologia, storia moderna e contemporanea insieme verso il sapere della politica. Alcuni nomi: Giovanni Sartori, appena 27enne, docente di Filosofia Moderna, in seguito fonderà la scuola politologica italiana; Giovanni Spadolini, a 31 anni docente di Storia Moderna e Contemporanea; sarà un protagonista della politica durante la cosiddetta Prima Repubblica. Altri personaggi illustri che si laurearono all’ Alfieri: Carlo Rosseli, Sandro Pertini e Indro Montanelli. E ancora, Luciano Lama laureatosi nel 1943 sotto falso nome perché noto antifascista. Per chi sta a Firenze ed è interessato alla politica è facilissimo andarci. Si trova in via Delle Pandette. Giovanni Sartori, dopo l’esperienza fiorentina, volò negli USA e insegnò alla Columbia University. Ha pubblicato Comparative Constitutional Engineering, tradotta da Il Mulino con il titolo Ingegneria Costituzionale Comparata. Tratta di sistemi elettorali e politici. In una intervista, diventata libro, Una occasione mancata, a cura di Leonardo Morlino, professore di Scienza della Politica alla LUISS, così si esprime a proposito del Mattarellum: “Il 75% viene attribuito con un sistema uninominale secco, cioè ad un turno, e il 25% con criteri proporzionali (…) I sistemi misti impongono ai partiti due opposte strategie di cattura del voto, e agli elettori di votare secondo due logiche diverse. Il che produce partiti bifronti, a due facce, ed elettori confusi che si orientano male”.Come si può evincere da quanto riportato, la questione è alquanto complessa. Continueremo a parlarne nei prossimi blog.