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E’ passata la riforma del Senato in prima lettura. Ce ne saranno altre tre fra Montecitorio e Palazzo Madama. Una vittoria per Matteo Renzi. Un risultato parziale raggiunto. Il Senato ha riformato se stesso. Abbiamo letto in passato le idee di politologi convinti che le autoriforme parlamentari sarebbero state impossibili. Invece è successo il contrario. Tutto merito del nuovo leader fiorentino che non demorde ed è determinato verso l’obiettivo. Al di là delle critiche e dei punti di vista differenti, oggi quel che conta è il superamento del bicameralismo paritario. Così si sveltiranno i lavori parlamentari.
Partita la riforma istituzionale, restano i problemi economici e dell’occupazione che non c’è, in particolare per i giovani. I titoli dei giornali risultano a dir poco allarmanti. Dati Istat: deflazione preoccupante in 10 grandi città italiane; nel Meridione sono andati persi 6oo mila posti di lavoro. Il premier è sceso al Sud. Disoccupati, cassintegrati e precari aspettavano Renzi davanti alla Prefettura di Reggio Calabria. Il primo ministro li ha evitati entrando dal retro. A nostro avviso è stato un errore. Il lavoro che gli Italiani (e gli Europei) aspettano da tempo tarda ad arrivare. Vogliono risposte. Non si può andare avanti a selfie e a bagni di folla, sorridendo e salutando a destra e a manca. Della serie, fiducia a tutti i costi. In una delle ultime trasmissioni di Agorà, Roberto Weber, direttore dell’istituto di sondaggi Ixè, dava i dati sulla popolarità del premier scesa al 49%. E’ una spia rossa. Ci fa capire che bisogna andare oltre il momento elettorale. Ritorna in mente Monti nel 2011 quando la fiducia dell’opinione pubblica nei suoi confronti era diminuita passando dal 64% al 55%.
Perry Anderson, storico britannico, ne Il disastro italiano afferma che “la video-politica si autolimita, producendo leader che sono al tempo stesso molto potenti e molto fragili, vulnerabili ai sondaggi d’opinione e alle urne”. Non siamo gufi. Gli articoli precedenti sul premier nel blog online e nell’edizione cartacea de il Lametino confermano quanto detto. In ogni caso ribadiamo. Per il momento esiste un solo politico vincente nel marketing elettorale: Matteo Renzi. Secondo noi Berlusconi e berlusconismo sembrano ormai al tramonto. Non solo. Gianroberto Casaleggio, specialista in software, e l’ex comico Beppe Grillo, leader antisistema del Movimento 5 Stelle, hanno dilapidato il successo elettorale del 2013 e si sono dimostrati inconcludenti per quanto riguarda l’iniziativa politica parlamentare. Si spera che Di Maio ed altri Pentastellati possano creare dentro il sistema una forza politica diversa dalle provocazioni e dalle esagerazioni spettacolari viste di recente in Parlamento. I 5 Stelle diventerebbero, in tal modo, un’opposizione nuova nel panorama politico del nostro Paese. Così facendo si riempirebbe parte del vuoto lasciato dalla Sinistra in difficoltà.
Se, al contrario, si continuerà con gli show di cattivo gusto di Grillo, il Movimento 5 Stelle rischia di scomparire molto presto. Quindi non ci sono dubbi sulla leadership e sulla premiership renziana. Però, fermo restando la legittimazione del primo ministro e del suo governo, specialmente dopo le elezioni europee, segnali negativi come quelli della città dello Stretto inducono a riflettere e a porre rimedi sui mali sociali del nostro Mezzogiorno e dell’Italia tutta.
La notevole capacità di comunicazione del premier ha contribuito a far diventare il Partito democratico sempre più americano, instaurando “un rapporto diretto con l’elettorato e l’opinione pubblica”. Lo sostiene Mauro Calise professore di Scienza della politica all’Università Federico II di Napoli. Nel suo saggio I partiti e lo Stato democratico sottolinea che “ i media diventano i principali intermediari tra i candidati e i collegi elettorali (…) Al tempo stesso, i presidenti personali [agli inizi del secondo dopoguerra solo negli USA, negli ultimi decenni anche in Europa] si trovano a dover fronteggiare una spirale di aspettative popolari” che rendono difficile il percorso. Si corre il rischio di “ritrovarsi, poco dopo l’elezione, inesorabilmente alle prese con i sondaggi che denunciano la delusione e la disaffezione dei votanti”. Questo è il pericolo. Speriamo che ciò non accada. Abbiamo bisogno di stabilità e di buon governo per risolvere i problemi del Paese.