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Ci sarà pure un motivo per cui questo Paese asfissiato dai talk show, divorato dall’incuria, bastonato dalle burocrazie, deviato da servizi deviati, ostaggio di inamovibili gerontocrazie, azzoppato dalle camorre e dall’evasione fiscale, un Paese dove si picchiano gli insegnanti e la barbarie galoppa sul web, non pensa che ai gommoni. Si chiedeva queste cose pochi giorni fa Paolo Rumiz, scrittore e viaggiatore, in questa strana estate italiana, non solo dal punto di vista meteorologico.
Siamo, infatti, davanti all’orchestrazione del più colossale depistaggio della storia rispetto ai problemi veri dell’Italia e all’uso dei migranti per mascherare l’incapacità politica di governarne il flusso. O forse peggio: la mancata volontà di farlo.
Un consenso che si fonda sul malcontento (il populismo è questo) non farà mai nulla per eliminarne le cause. Ci sarebbe in verità uno spazio per richiamare responsabilità e civiltà, ragionevolezza e quant’altro ma se questi temi non li anima la sinistra non è chiaro chi dovrebbe farli. E se gli intellettuali si sono ritirati in buon ordine, complice anche la bella stagione, forse.
Un segnale di diversità si è avuto proprio da noi in Calabria nelle scorse settimane con la tre giorni di Africo, voluta dalla Regione, in un luogo simbolo non solo della nostra terra ma dell’Italia intera. Lì – in quella montagna così ancora preda di luoghi comuni fasulli duri a morire – scrittori e registi, giornalisti e storici hanno avuto modo dire la loro e di confrontarsi su temi spinosi e caldi legati proprio a come far rinascere e coltivare uno spirito civico nuovo, un senso di appartenenza, un orgoglio dell’essere calabresi legato ad una narrazione normale. È stato un fatto storico, per il luogo e le modalità di svolgimento. Andrà avanti il confronto, non si fermerà ad Africo (che del resto viene dopo il dibattito al Salone del Libro di Torino). Il 4 agosto a Girifalco (altro luogo simbolo) c’è stato un altro appuntamento. Tutto attorno c’e’ un fervore nuovo, segnali di non rassegnazione. La politica e le istituzioni fanno il loro e gli intellettuali ci provano e sono in campo. Per una volta la Calabria fa dunque scuola, il silenzio non regge e si parla e ci si confronta. Per una volta si dimostra come se la politica fa la sua parte e le Istituzioni sono in campo per creare quella rete che manca e che tutto può tenere assieme, la Calabria può raccontarsi bene e può raccontare ancora meglio all’Italia intera quel che sta facendo.