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A lungo restia all’idea di dare al suo pensiero la forma di un libro, la calabrese Ida Dominijanni ha scelto finalmente di farlo sfidando deliberatamente il contro-tempo e scrivendo perciò un testo felicemente e orgogliosamente inattuale senza perciò essere intempestivo. Il libro di Ida Dominijanni, Il trucco. Sessualità e biopolitica nella fine di Berlusconi (Ediesse, 2014), presentato in Calabria alcuni giorni fa, parla tanto di ciò che ci capita oggi almeno quanto di ciò che vuol dire parlarne. E parlare di noi – e cioè di politica; e cioè di corpi e parole – vuol dire (anche) parlare di Silvio Berlusconi. Autobiografia della nazione e delle peripezie del potere e del godimento, emblema del “sesso-valuta” e monogramma del post-patriarcato, il berlusconismo è l’indice di un terremoto simbolico che non smette di agitare la scena della politica e del desiderio.
Proprio questa eco è quella – ha acutamente scritto Michele Spano’ - che Dominijanni si cimenta a interrogare: per farlo mobilita quel sapere dell’esperienza che è il pensiero della differenza sessuale fatto convenientemente reagire con la lezione di Michel Foucault e quella di Jacques Lacan. Si scopre che la fine di Berlusconi non è questione, innanzitutto e perlopiù, di corpi offesi di donne vittime, ma di parole brucianti e azioni arrembanti di donne libere; non è questione, innanzitutto e perlopiù, di morale e di penale, di vizi privati e di vizi pubblici, ma il tempo del venir meno di questi stessi confini.
Non è stato neppure il tempo di un sesso fatto e goduto da tutte e tutti: ma un tempo di una fantasia di potenza (politica) specchiata in un fantasma di impotenza (sessuale); un tempo in cui denaro, potere e sesso hanno provato, fallendo, a fare ordine intrecciandosi. È questo l’algoritmo di Berlusconi, miniaturizzato in un rigo di Walter Siti di cui il libro di Dominijanni potrebbe essere a rigore considerato il commento talmudico (quello cioè capace di illuminarlo una volta per tutte): “Io ti faccio sentire padrone, tu mi fai sentire libera”. Il berlusconismo è il prodotto della politica e del suo immaginario quando l’ordine simbolico prende congedo dalla legge del Padre. Fuori dal lutto e dal godimento di morte che gli uomini come Berlusconi ci hanno voluto (soprattutto a noi altri uomini) contrabbandare come una dolce medicina alla fine del loro (nostro?) tempo. Il contravveleno era ed è la differenza sessuale (femminile e maschile – proprio come quelle “questioni” di cui Berlusconi non è stato che il nome); essa non smette di incarnare un’altra idea e un’altra pratica della libertà e sfida a immaginare una politica – che continuerà a avere quali suoi fondamentali ingredienti i corpi e le parole – dove si sceglie che sogno sognare (o almeno – e non è poco – di non sognare sempre lo stesso sogno).