Giovanni Lamanna, un innovatore irrequieto ricordato a 10 anni dalla morte

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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filippo_veltri.jpgPerché è giusto e importante ricordare Giovanni Lamanna a 10 anni dalla sua morte? Domenica scorsa c’è sta una bella iniziativa nella sala consiliare del Comune di Crucoli, dove Lamanna era nato e dove morì. Risponde così a quella domanda Franco Ambrogio, che di Giovanni Lamanna è stato amico e compagno di partito: “quando a cavallo del ’70, una nuova leva di dirigenti si afferma e prende in mano la direzione del partito, Lamanna, fra gli esponenti della sua generazione, fu quello più aperto alla conoscenza, al dialogo e all’incontro. I mutamenti avvenuti negli anni ’50 e ’60, l’esaurimento della politica che il PCI aveva avuto in quegli anni, la crisi dei suoi gruppi dirigenti, imponevano la ridefinizione del suo profilo politico, programmatico, organizzativo. Fu in quest’opera difficile che avvenne l’incontro con Lamanna. Nei quasi dieci anni in cui ho diretto il Partito Comunista in Calabria e durante i quali questa ricostruzione si è compiuta, Giovanni ha dato un contributo essenziale di conoscenze, di idee, di progettualità e di azione. Fu, infatti, negli anni settanta che Lamanna ha dato il meglio di sé. Lo ha fatto con il suo carattere schietto, leale e con un rigore culturale, insofferente alla faciloneria e alla superficialità, lontano da ogni forma di demagogia e di populismo.

Quella ricostruzione avvenne nel fuoco di uno scontro sociale e politico assai duro. Sono gli anni della fuoriuscita a destra della crisi della politica governativa, con i fatti di Reggio Calabria e l’avanzata del Movimento Sociale Italiano in Sicilia e nel Paese. A fronte del fallimento di un tentativo di industrializzazione, in ritardo di almeno dieci anni rispetto alle altre Regioni meridionali, ha affidato ad imprese di settori ormai in crisi o a speculazioni; del riproporsi del dissesto idrogeologico, nonostante le ingenti risorse spese con la legge speciale; dell’esaurimento dell’emigrazione e del prevalere di una politica assistenzialistica, che esploderà poi negli anni ottanta; a fronte di tutto ciò occorreva, da parte nostra, dare risposte nuove con elaborazioni programmatiche adeguate e la costruzione di movimenti di massa su basi non tradizionali e in forme nuove. Fu, così, raggiunta una maturità di proposta, di progettualità, di cultura di governo considerevole.

 Lamanna è stato un innovatore. La visione di uno sviluppo equilibrato, basato sulle risorse originali della Regione, che avesse come pilastri lo sviluppo delle aeree di collina e di montagna, in un’ottica non solo di difesa del suolo ma di uso e valorizzazione del territorio e la trasformazione produttiva delle pianure delle città sono i punti più qualificanti di questa innovazione. Qui non possiamo entrare nel merito delle proposte che giunsero ad un livello di individuazione abbastanza concreto. In questo sforzo creammo un clima culturale nuovo aprendoci al confronto, cercammo e trovammo l’apporto di forze intellettuali e professionali dell’Università calabrese e di altre Università, con la produzione di linee progettuali realistiche di cui c’è traccia in apposite pubblicazioni e nei numeri della rivista “Lotta calabrese”. Il punto di vista da cui parte questa elaborazione è il rifiuto di una rappresentazione puramente negativa della realtà, catastrofista, racchiusa in luoghi comuni che rinviavano il cambiamento ad una catarsi lontana nel tempo ed incline ad accomodarsi, in qualche modo, nell’esistente. Perciò, anche i risultati parziali delle politiche seguite dai Governi, in un’ottica diversa e direi rovesciata, possono costituire elementi su cui alimentare una diversa dinamica economica. Ma alla base di tutto deve esserci un protagonismo di forze sociali, un coinvolgimento attivo e democratico che si faccia portatore di questa visione.

Questa ispirazione consentì di superare vecchie contrapposizioni fra agraristi ed industrialisti, fra la ripetizione di vecchie formule degli anni cinquanta ed il crollo della suggestione di un’industria importata, estranea alle caratteristiche della Regione e datata ad un ciclo economico nazionale ed internazionale ormai esaurito. A ben vedere, troviamo in ciò molte delle acquisizioni che la cultura economica ha raggiunto nel nostro tempo riguardo alle caratteristiche dello sviluppo. Naturalmente, oggi abbiamo una realtà sotto molti aspetti assai diversa e, di conseguenza, non si può pensare ad una pura e semplice trasposizione di quell’esperienza. Tuttavia, quelle elaborazioni contengono un’ispirazione culturale e politica estremamente attuale, delle intuizioni e delle proposte che possono indicare un percorso. Penso all’individuazione delle risorse ambientali, culturali e del territorio, come base di una struttura produttiva avanzata, legata alle nuove tecnologie ed in grado di impegnare, in varie forme, il capitale umano esistente. Un processo, non un’utopia, sostenuto da politiche pubbliche e che faccia in conti anche con la necessità di coesione sociale e con l’obiettivo di un graduale superamento dell’assistenzialismo. Sarebbe estremamente interessante ed utile riallacciarsi a queste intuizione per un’elaborazione culturale e politica ambiziosa e che abbia la capacità di suscitare un rinnovato impegno civile e politico.

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