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Possiamo dire che è la storia di un riscatto e di una liberazione com’è sempre stato per i grandi del calcio da Pelé a Maradona a Messi. Riva è uno di questi mostri sacri. Per chi ama la buona lettura e il calcio, le due passioni si uniscono nel romanzo sulla vita del calciatore Gigi Riva, scritto da uno dei miei giornalisti preferiti, Carlo Vulpio. “Il sogno di Achille: il romanzo di Gigi Riva”. Romanzo di Carlo Vulpio. Un libro in cui la lettura scorre piacevolmente. Sosteneva Pasolini per i poeti, che dietro una poesia deve sentirsi la voce di tutti i poeti di ogni tempo. Lo stesso vale per gli atleti, tanto più per una personalità come Riva.
E’ un libro in cui si intreccia la rievocazione di una leggenda vivente dello sport e si ripercorrono gli eventi più significativi della Storia contemporanea con la potente molla di affermazione sociale che è il calcio. Il titolo si riferisce a un quadro di Alberto Savinio che il giocatore ammirava. E rappresenta un Achille malinconico sulle rive del mare, immerso nel sogno in cui rivede Patroclo, l’amico perduto e il rimpianto, sullo sfondo di un temporale che si trasfigura in un presagio di futuro. Pubblicato in occasione dei 50 anni della vittoria dello scudetto del Cagliari e i cento dalla nascita della squadra di calcio. Oggi Gigi Riva è Presidente onorario della società e la sua storia è descritta come un “sogno” che oscilla tra la quotidianità e un divenire impalpabile in cui l’eroe incontra e riconosce una parte di sé e del suo destino nella figura di un altro. Era il 1970. Tutto inizia da Leggiuno, in provincia di Varese. Un manipolo di figli della guerra, 17 calciatori nati durante gli anni del secondo conflitto mondiale iniziano la carriera guidati da Manlio Scopigno, l’allenatore, detto il filosofo. E’ un racconto che nasce da una duplice urgenza di esaltazione ed esemplarità. Esalta l’uomo che è riuscito a incarnare un’idea di civiltà, un modello umano dal profilo antico e nobile, come avvenne per Cagliari, la “Città di Dio”. Il cammino per Riva è presagito fin dalla fanciullezza, in una “voglia di emulazione” che si nutre di persone e vicende di altri atleti affermati, da Fausto Coppi, al magiaro Puskàs, ad altri eroi.
Lo stile coinvolgente di Vulpio è sempre basato su una ricca documentazione storica, che scrive la biografia del campione e il suo sogno nel dominio della leggenda”. Il calciatore trovò la consacrazione di atleta e la realizzazione di individuo capace di concentrare il suo nome “scandito come un grido di guerra” nell’orgoglio identitario, e la “balentia” dell’intero popolo sardo. La conseguenza è una lezione, che forse per certi versi si miscela a un sentimento della realtà che sconfina nel sentimento del sacro, per cui sovente è necessario disobbedire al destino (come si legge nell’opera dello scrittore sardo Gavino Ledda). E sovvertirne il copione già ordito per impostare concretamente le decisioni fondamentali della vita, interiore ed esteriore, e ritrovare in ciò che siamo un’insospettabile docilità e obbedienza, in cui consiste la nostra compiutezza.