Di più al Nord, meno al Sud, anzi zero

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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A tal proposito ho risfogliato “Zero al Sud”, il libro letto l’anno scorso, pubblicato da Rubbettino; è un’inchiesta del giornalista Marco Esposito che ha portato alla luce gli stravolgimenti di certa politica nell’ utilizzare il federalismo fiscale a vantaggio del Nord; all’Italia padana risorse finanziarie che i governi trascorsi avrebbero dovuto destinare correttamente alla scuola dell’infanzia del Meridione. Zero al Sud, ai servizi pubblici della Bassa Italia, in particolare agli asili nido; se non ci sono servizi non ci devono essere finanziamenti. Significativa la dedica: “A tutti i bambini senza asilo nido perché nessuno di loro vale zero”. Dimostra spiccata sensibilità verso i minori. L’indagine mette a fuoco i servizi concernenti la scuola (trasporti, mensa, assistenza ai disabili); scopre che se una regione non è in grado storicamente di offrirli, in automatico viene ridotta la quota dei fondi, addirittura azzerata: “Se a Reggio Calabria la mensa non c’è vuol dire che non serve” (p. 142). In tal modo va a farsi benedire la Carta Costituzionale perché il federalismo fiscale non tiene conto dell’art. 117 che al secondo comma, lettera m) indica i livelli essenziali delle prestazioni.

E l’autore attraversa i confini del giornalismo d’inchiesta per fare letteratura; racconta, a mo’ di narrativa d’inchiesta, con un incipit letterario, la storia della mancata determinazione dei Lep o dei sevizi a costo zero nel Meridione: “C’ERA UNA VOLTA… - Un Regno! - diranno subito i miei affezionati lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta una Repubblica e in questa Repubblica c’era il Mezzogiorno. Non era un posto di lusso, ma aveva l’onore di essere citato nella Costituzione” (p.15). I Governanti decisero che il Mezzogiorno doveva sparire; al suo posto singoli territori: “Una rivoluzione. Grazie alla quale saremmo stati più felici” (p.16). Il racconto continua: “Nell’ex Mezzogiorno vivevano in quel tempo oltre trecentomila bambini con meno di tre anni. A centomila di loro (…) il Consiglio europeo di Barcellona promise, come a tutti gli altri bambini della loro età, che per alcune ore al giorno sarebbero andati in un posto bellissimo, con tanti colori, pieno di balocchi, dove giocare tutti insieme alle maestre e a tanti bambini come loro, per poi riabbracciare la mamma o il papà e tornare a casa” (p.16). (…) Ma come fu, come non fu, il tempo passava e quei bambini crescevano senza entrare mai nell’asilo promesso. Altro che paese dei balocchi! Andavano in scuole senza mense scolastiche, tornavano a casa senza il pullmino comunale e, una volta cresciuti, capivano che non solo per lavorare ma persino per curarsi conveniva andare lontano da casa. Intanto altri bambini nascevano e ricevevano la promessa: presto andrete in un asilo nido bellissimo, pieno di colori e balocchi dove giocare tutto il tempo. Vivevano nel Mezzogiorno, ma il Mezzogiorno non esisteva: al loro posto erano spuntati territori con minore capacità fiscale” (pp. 16-17).

Era stata scritta la riforma costituzionale “Ordinamento federale della Repubblica” dove erano garantiti i diritti “essenziali”, quindi gli asili nido anche per quei territori con minore capacità fiscale. Fondamentali tre articoli della Carta: il 117, il 119 e il 120. Il primo, alla lettera m) del secondo comma: “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”; importante anche il secondo riguardante l’istituzione “di un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per territori con minore capacità fiscale per abitante”. Poi un passaggio del terzo, “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica ed economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”. Ma se lo Stato non descrive con chiarezza i livelli minimi dei servizi non può commissariare i comuni senza asili nido di qualità, di mense scolastiche, di trasporti. La storia del fondo perequativo avrebbe dovuto ripartire risorse in base al criterio della spesa storica (quanto un comune ha avuto in passato) e a quello perequativo per ristabilire l’equità. 

Nel 2008, il Centrodestra vinse le elezioni; Berlusconi e Bossi promisero di applicare all’Italia la legge sul Federalismo già in vigore nella Regione Lombardia: gran parte del gettito fiscale doveva restare in territorio meneghino. Le interviste di Marco Esposito ad alcuni governatori del Nord portarono a più miti consigli, ad un federalismo maggiormente equilibrato che tenesse presente la Carta costituzionale. Furono esclusi le Regioni a statuto speciale. Il compito fu affidato a Calderoli, ministro della Semplificazione che, con la legge 42/2009 per i decreti attuativi fu molto abile, nel definire i livelli essenziali delle prestazioni, introducendo gli “obiettivi di servizio”, verso cui dovevano tendere Regioni e Comuni secondo quanto stabilito a Barcellona: “L’Unione Europea si era posta l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di garantire entro il 2010 l’accesso  a strutture educative a tempo pieno e ad almeno il 90% dei bambini in età compresa tra i 3 e i 5 anni e ad almeno il 33% dei bambini al di sotto dei 3 anni. L’Italia era al 94% per il primo obiettivo e al 12% del secondo” (p. 51).  Così l’autore a pagina 24: “Per gli asili nido il Lep fissato avrebbe potuto essere il 33% dei bambini, ma questo non avrebbe voluto dire che immediatamente bisognava realizzare tutti questi asili nei posti dove erano carenti: si poteva prevedere un obiettivo di servizio che gradualmente portasse verso il livello auspicato. Obiettivi di servizio e Lep, però, non furono mai approvati”.  Purtroppo non sono stati presi in considerazione i Comuni senza asili nido. Carenza diffusa nel Mezzogiorno. Delibera della Giunta della Regione Calabria: “Il riparto delle risorse statali destinate alla Regione Calabria per l’anno 2017 è effettuato sulla base dell’offerta dei servizi per la prima infanzia presente in ciascun territorio” (Partigiani della Scuola Pubblica). Non ci sono? Allora non servono. Si crearono le Commissioni con pochi rappresentanti del Meridione: “Il Sud era fuori dalla stanza dei bottoni” o, perlomeno, in sparuta rappresentanza. Nel prosieguo delle attività “gli stessi rappresentanti dei territori del Sud sono stati a lungo assenti dai tavoli che contano e addirittura nessun deputato o senatore dell’Italia meridionale è diventato protagonista nelle riunioni della Commissione bicamerale sul federalismo fiscale del 2013-2018” (p.191).

Si cercò di fare propaganda contro i meridionali scialacquatori del denaro pubblico, a volte con uscite maldestre. Così Tremonti, ministro dell’Economia in una conferenza stampa: “Una siringa da 5 mm in Sicilia costa 0,05 euro contro 0,03 in Toscana. Quasi il doppio”. Al riguardo così commenta Esposito: “Non esistono neppure per Barbie siringhe formato mignon da cinque millimetri, mezzo centimetro, ma semmai da cinque millilitri, 5ml” (p. 29). Non solo gli errori; si è cercato di bypassare il principio di solidarietà presente nella Carta costituzionale. Bisognava divulgare l’idea che il Sud dissipava il denaro pubblico con l’inefficienza, gli sprechi, la corruzione, le tangenti. Purtroppo questi virus hanno infettato gran parte del nostro Paese. Per esempio, anche in Lombardia non sono mancati gli scandali nella sanità. Esposito ne fa un breve e parziale elenco che riporto con nomi immaginari: “[Giovanni Montanaro Brevistrano] riceveva rimborsi illeciti per la sua rete di cliniche private (…) in cambio di tangenti. (…) La clinica [Santa Romana] fu ribattezzata degli orrori perché si effettuavano operazioni non necessarie sugli anziani per ricevere rimborsi. La clinica [Marcozzi] riceveva fondi neri tramite finte consulenze e appalti fittizi. L’imprenditrice [Paola Canova] è stata definita la Lady Dentiera per presunte tangenti sugli appalti odontoiatrici. Nelle strutture ospedaliere di [Vattelappesca] 21 medici sono finiti sotto processo per l’accusa di avere impiantato protesi di bassa qualità in cambio di mazzette. Il governatore [Achille Nono] è stato condannato in appello a sette anni e sei mesi per corruzione. La sanità lombarda ci ha fatto vergognare, ma sarebbe una buona ragione per ridurre l’assistenza sanitaria ai Lombardi?” (p. 32). 

Si arrivò all’accordo a novembre del 2017. Di più al Nord, di meno al Sud, anzi zero: “Si confermarono, quindi, gli zero per gli asili nido e per i servizi legati all’istruzione. Si confermarono gli zero per il trasporto pubblico locale. (…) Cambiò, in compenso, l’atteggiamento dell’Anci che aveva etichettato come anticostituzionale l’attuazione del federalismo fiscale” (p.164). La reazione politica e giuridica non si è fatta attendere: l’Anci Calabria e il Comune di Cinquefrondi sono stati fra i primi a denunciare il trasferimento dei fondi perché incostituzionali; allo stesso modo il Comune di Altamura e altri 70 comuni del Sud Italia; manifestazioni di 500 sindaci del Mezzogiorno. Il Tar ha dato ragione ai comuni. L’autore del libro inchiesta ha svelato “un modello che per la prima volta rende esplicita l’esistenza di cittadini di serie A e di serie B. Ha documentato che in determinate località si ottiene di meno per il fatto che “sei in Campania”, “sei in Puglia”, “sei in Basilicata”, “sei in Calabria”.  Oggi il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve destinare una buona fetta di risorse finanziarie al Meridione per ridurre il divario Nord-Sud. Ho letto nell’articolo del 21 ottobre scorso su Il Mattino, a firma di Marco Esposito: “L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha stroncato il primo bando del PNRR, quello da 700 milioni per asili nido e scuole dell’infanzia con un’accusa netta: ha ottenuto risultati opposti rispetto a quanto atteso”. Stare in allerta per prevenire spartizioni anomale e illegittime.      

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