Calabria… e ritornarono i Borboni

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio-ok_48ed3-1_c2018_736f4_c645b_efd06_cf25d_61a3f_f5055_5e33f_9bc9f_2e2b4_7933e_1335d.jpgLa sconfitta di Napoleone a Lipsia (1813) dopo la disastrosa ritirata dalla Russia spinse i vincitori a convocare un Congresso delle potenze vittoriose a Vienna (1814-1815) per riorganizzare l’assetto degli Stati Europei dopo gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione Francese e, principalmente, dall’Impero Napoleonico e dagli Stati suoi alleati, a capo dei quali c’erano sovrani familiari dell’imperatore stesso o personaggi di sua stretta fiducia. In tale contesto vanno collocati gli eventi che riguardarono specificatamente il Regno di Napoli, di cui la Calabria era parte integrante.

Nel presente scritto si farà un breve cenno sugli eventi europei, si darà conto di alcuni avvenimenti particolarmente rilevanti sul ritorno dei Borboni a Napoli, e, successivamente, si affronteranno alcune tematiche sulle conseguenze immediate che tali eventi produssero in Calabria. Nel testo che segue, vengono sommariamente indicati gli avvenimenti più rilevanti che si verificarono tra la ritirata di Napoleone dalla Russia (1812) fino alla sua sconfitta definitiva  a Waterloo (18 giugno 1815): “Il  cancelliere  austriaco, principe di Metternich, tentò di farsi mediatore tra le due parti, proponendo alla Francia il ritorno alla situazione fissata per la pace di Campoformio, al rifiuto di Napoleone, anche l’Austria entrò nella coalizione. Gli alleati, che potevano contare su una forza numerica superiore, affrontarono Napoleone e lo sconfissero a Lipsia, dal 16 al 18 ottobre [1813, N.d.R.]. Gli Austriaci passarono all’offensiva anche in Italia. Murat abbandonò l’imperatore, nella speranza di conservare il regno, e, come alleato dell’Austria, attaccò da sud il regno d’Italia [Di cui era sovrano Napoleone, suo cognato, N.d.R. ] difeso dal viceré Eugenio Beauharnais. Gli Inglesi intanto avevano espulso le truppe francesi dalla Spagna e anche l’Olanda era stata evacuata. La guerra tornava a svolgersi sul suolo francese […] D’altra parte gli alleati- che il 9 marzo 1814 col trattato di Chaumont si impegnarono a non trattare separatamente e a proseguire la lotta fino alla caduta dell’imperatore- proclamarono di ritenere soltanto Napoleone e non il popolo francese responsabile della guerra. Parigi fu occupata il 31 marzo da Russi e Prussiani. Talleyrand divenne capo di un governo provvisorio e il Senato dichiarò decaduto l’imperatore. Questi avrebbe voluto continuare la resistenza, ma i suoi generali, convinti della irrimediabilità della sconfitta, lo indussero ad abdicare ( 6 aprile 1814 ). Gli fu data, come possedimento e luogo d’esilio, l’isola d’Elba. Sul trono di Francia fu posto, col nome di Luigi XVIII, un fratello del re ghigliottinato. Il compito fondamentale che si presentò agli alleati all’indomani della sconfitta di Napoleone fu quello di assicurare le basi politiche di una pace duratura e di liquidare definitivamente la minaccia della rivoluzione [...] Fu convocato un congresso a Vienna, che iniziò i suoi lavori nel novembre del 1814 e li concluse il 9 giugno del 1815 […]. Le decisioni del congresso si basarono fondamentalmente sul principio dell’equilibrio tra le cinque maggiori potenze (Russia, Gran Bretagna, Austria, Prussia, Francia). Nella misura in cui poteva conciliarsi con le esigenze dell’equilibrio, si cercò di rispettare anche il principio di legittimità e di far valere i diritti dei sovrani che erano stati spodestati da Napoleone. Delle aspirazioni nazionali, invece, non si tenne alcun conto.” (Rosario Villari, Mille Anni di Storia – Dalla Città Medievale all’Unità dell’Europa, Laterza, Roma- Bari, 2000, pp.388-389). In base alle deliberazioni del Congresso di Vienna sul trono di Napoli ritornò dalla Sicilia l’antico sovrano per come indicato nel passo seguente:                                                                                                               

“Ferdinando di Borbone IV di Napoli e III di Sicilia, dovette abbandonare lo Stato dei Presidi alla Toscana e Malta agli inglesi. Questi ultimi, nel 1812, lo avevano costretto ad abolire l’antico parlamento siciliano e a concedere all’isola una costituzione assai simile a quella britannica. Ora egli, volendo e dovendo (poiché tale era la volontà dell’Austria ) regnare da re assoluto, riunì i due regni in uno solo e prese il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie. Questo provvedimento produsse dispiacere gravissimo fra i siciliani, gelosi della loro autonomia, e, poiché neppure a Napoli il Re aveva saputo rendersi ben accetto, almeno fra le classi colte, un bello spirito compose il seguente arguto epigramma:

Pria fu quarto, poi fu terzo,

Finalmente fu primiero;

Ma se dura questo scherzo

Finirà con l’esser zero.

(Francesco Lemmi, Storia d’Italia fino all’Unità, Sansoni, Firenze, 1965, pp. 383-384). Altri provvedimenti di notevole rilievo che caratterizzarono il ritorno dei Borboni sono riportati nel passo seguente: “…Ferdinando IV, al suo ritorno a Napoli, assicurò la libertà civile, il rispetto della vendita dei beni dello Stato e della Chiesa; mantenne l’amministrazione civile e militare e l’ordinamento delle province [ Una nuova fu istituita in Calabria come si indicherà più ampiamente successivamente, N.d.R.] e dei comuni in vigore durante il Decennio; apportò lieve modifiche al codice napoleonico – come l’abolizione del divorzio – conservandone i principi fondamentali; ripristinò parzialmente i maggiorascati [ Un’arcaica istituzione prettamente feudale, N.d.R. ]; col concordato stipulato nel 1818 conferì all’autorità religiosa la sorveglianza sull’istruzione, la censura sulla stampa e la giurisdizione sulle cause matrimoniali…” (Giuseppe Brasacchio, Storia Economica della Calabria- La Calabria dalla Restaurazione  -1816 alla fine del Regno 1861- Vol. VI, Edizioni Effe Emme, Chiaravalle Centrale, 1980, p.5 ).

Per quanto concerne la Calabria gli eventi più immediati e significativi sono esplicitati nel testo successivo: “Il ritorno dei Borboni nel maggio fu segnato in Calabria dall’arrivo del sopradetto Vito Nunziante [Generale borbonico campano, Campagna 1775- Torre Annunziata 1836, N.d.R.] con l’accompagnamento di non poche truppe. Il compito affidatogli fu quello di mantenere l’ordine pubblico e di occuparsi a sciogliere i nodi politici. Era previsto anche il ritorno degli sbandati e dei briganti, ospiti del regime borbonico siciliano. Infatti furono tra i primi a riprendere terra in Calabria, con i soliti propositi di rapinare e uccidere […]. La lotta a costoro fu fatta con inganno; il risultato fu che essi non comprendendo la trappola in cui erano caduti si ammazzarono a vicenda. Il governo agì pure contro la <<carboneria>>, la quale specie dopo l’abbandono del regno da parte degli austriaci (1817) crebbe in adepti e condusse una larga opera di propaganda contro il governo, il quale, a sua volta, oppose alle critiche e alle proteste di quella propaganda qualche piccola riforma, non cambiò granché delle disposizioni del decennio precedente, lasciò in vigore i codici, le finanze ecc., mostrandosi <<benigno>>…” (EnzoMisefari, Storia Sociale della Calabria - PopoloClassi Dominanti, Forme di Resistenza dagli Inizi dell’Età Moderna al XIX Secolo, Jaka Book, Milano, 1976, pp.257-258).

Una  riforma che durerà nel tempo fu l’istituzione di una nuova provincia denominata: Calabria Ultra Seconda, per come indicato successivamente: “Ma con il ritorno borbonico – e la reintegrazione di Catanzaro  [ Il centro amministrativo della Calabria meridionale nel Decennio Francese, a partire dal 1806, era stato trasferito da Catanzaro a Monteleone, l’odierna Vibo Valentia, N.d.R.] si è avuta l’unica novità degli ultimi secoli: e cioè la divisione in due della Calabria meridionale ( cosa in verità già esaminata con favore da funzionari di Murat intorno al 1810 ) la cui configurazione lunga e accidentata danneggiava veramente l’efficienza della gestione catanzarese, e la istituzione, nella parte estrema della penisola, di una nuova unità provinciale con centro a Reggio, che nei secoli avanti era stata la principale  <<piazza d’armi>> continentale a guardia dello Stretto. Da ciò la denominazione ufficialmente usata fino ai primi anni dopo l’unificazione, di Calabria ultra <<prima>> al dipartimento di Reggio e di Calabria ultra <<seconda>> al dipartimento di Catanzaro” (Lucio Gambi, Calabria, Utet, 1978, p.203). Il ritorno dei Borboni a Napoli segnò il sostanziale consolidamento di quella parte della borghesia che aveva ottenuto dei notevoli vantaggi con l’eversione della feudalità da parte dei Napoleonidi con l’acquisto di proprietà appartenute agli ordini religiosi soppressi e con una partecipazione più attiva nella pubblica amministrazione; per braccianti e contadini, che costituivano la stragrande maggioranza degli abitanti, le condizioni complessive tendevano a peggiorare perché i nuovi proprietari si dimostravano più esigenti e, in taluni casi più oppressivi, e soprattutto perché molti borghesi si erano, più o meno legalmente, appropriati di grandi estensioni di terreni precedentemente disponibili per usi civici: come pascolo, legnatico e così via.

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