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Riforma del Senato: Pd ricompattato con gli emendamenti
Scritto da Lametino7 Pubblicato in Pino Gullà© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alla fine maggioranza e minoranza del Partito democratico si sarebbero messe d’accordo sulle modifiche al disegno di legge riguardante la riforma del Senato aggiungendo al comma 5, “La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti”, la seguente frase: “In conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge”. L’integrazione si è potuta fare in quanto il comma 5 era stato modificato a Montecitorio: “nei era stato corretto in dai”. Altrimenti non sarebbe stato possibile in quanto l’art. 104 del regolamento di Palazzo Madama così recita: “Il Senato discute e delibera sulle modificazioni apportate dalla Camera, salva la votazione finale”. Insomma si deve votare lo stesso testo (in doppia conforme). Se si cambia, la legge dovrebbe tornare alla Camera per nuova lettura. L’aggiunta sul comma già corretto avrebbe permesso l’accordo e così il partito si sarebbe ricompattato sulla base di tre emendamenti firmati sia dalla presidente della Commissione Affari Costituzionali sia dai capigruppo della maggioranza. Con la modifica dell’art. 57, i senatori verrebbero eletti dai cittadini. Una legge ordinaria dovrebbe fissare le modalità sulla base di quanto scritto e riformato sulla Costituzione. Ha espresso la sua soddisfazione la capogruppo del Pd, senatrice Doris Lo Moro, in una intervista a Il Mattino di Napoli per la faticosa “intesa raggiunta” dal momento che era stata “messa in gioco l’unità de partito”. Inoltre “si è raggiunto un compromesso politico intorno ad un principio importante che è quello di lasciare ai cittadini la scelta dei senatori”.
Qualche perplessità sul lessico usato: “Nell’utilizzo dei termini designare e ratificare, in realtà si poteva essere più chiari (…) Non posso non rilevare nell’uso del linguaggio la mancanza di linearità e concisione, che invece amo e apprezzo nella Costituzione del mio Paese”. Sulla stessa lunghezza d’onda si trova il giurista e costituzionalista Michele Ainis: “E’ un bel passo avanti… [però a proposito della forma] l’emendamento sull’elettività [è] un periodo di 48 parole e con due sole virgole. Prima di recitarlo bisogna fare un bel respiro. Per piacere, fate in modo che la Costituzione italiana sia scritta in modo chiaro”. Al di là delle problematiche lessicali o dei periodi farraginosi nei vari commi, indubbio è il successo politico concernente l’unità del Pd. Adesso ci sarebbero le condizioni per andare avanti in maniera spedita senza bisogno di stampelle o di transfughi, alla ricerca spasmodica dei numeri per approvare non solo con la maggioranza di governo. Infatti per le riforme costituzionali dovrebbero valere “le idee” che consentano una sempre più larga condivisione. In virtù della “mediazione degna”, per dirla con le parole di Vannino Chiti, senatore della minoranza Pd, la nuova Camera delle Autonomie, avrebbe il compito di svolgere funzioni importanti quali: “L’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori; la valutazione delle politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni”.
La seconda funzione sarebbe stata cambiata rispetto al testo di Montecitorio secondo cui il Senato doveva soltanto “concorrere nella valutazione”. Di nuovo il Senato eleggerebbe due giudici della Consulta. Questa funzione era stata tolta nella precedente lettura alla Camera. E ancora: “dare pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge; concorrere a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”; avrà il compito di esercitare funzioni di raccordo fra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica”. Nei percorsi istituzionali la prudenza è d’obbligo; a volte gli ostacoli compaiono all’improvviso. Adesso la palla passa al presidente Piero Grasso. Dovrà decidere sull’ammissibilità dei milioni di emendamenti presentati da alcune forze politiche di opposizione. Si aggira tanto ostruzionismo a Palazzo Madama. Ciò nonostante, come nel precedente articolo, restiamo in fiduciosa attesa.