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Una cellula jihadista di ragazzini con imam leader del gruppo, 12 in tutto, ha seminato morte e terrore a Barcellona. Una strage sulla Rambla, famoso viale della città capoluogo della Catalogna nella Spagna nord-orientale. Nel bilancio sanguinario del jihad si è aggiunta un’altra città europea, dopo Nizza, Parigi, Berlino, Bruxelles, Londra. E si aggiunge a Madrid, la capitale dello Stato Iberico presa di mira nel 2004. Di nuovo strategia del terrore, anche se il sedicente Stato islamico si avvia alla capitolazione definitiva. La comunità musulmana è scesa in piazza a Madrid e a Barcellona contro la paura e per la pacifica convivenza. La notizia è di una certa rilevanza perché evidenzia il rifiuto dell’estremismo jihadista dalla stragrande maggioranza dei musulmani spagnoli.
Purtroppo permane la strategia per diffondere panico, preoccupante problema di ora e di domani per i danni psicologici e comportamentali. Concerto annullato a Rotterdam per minaccia terroristica. Immediatamente evacuati gli spettatori. Ultimissime da Bruxelles e da Londra: aggressioni alle Forze dell’Ordine di lupi solitari con coltello e machete. Però non è mancata la reazione positiva della gente e delle istituzioni spagnole. Grande manifestazione a Passeig de Gracia: mezzo milione di persone ha sfilato; un interminabile corteo sul lungo viale; un solo striscione con la scritta “No Tinc Por”, “Non Ho Paura”. C’erano il re, Felipe VI, il premier spagnolo, Mariano Rajoy e naturalmente la sindaca del capoluogo, Ada Colau. Altre manifestazioni a Madrid e a Valencia. La Spagna è contro il terrorismo e per la convivenza pacifica. Allo stesso modo gli altri Stati europei.
Allerta massimo in Italia. Sul web numerose le minacce nei confronti del nostro Paese, finora (e speriamo per sempre) senza attacchi terroristici. In particolare genera preoccupazione la notizia apparsa su Il Fatto Quotidiano: “Attaccate l’Italia. Questa l’indicazione che l’Isis sta dando ai suoi affiliati, [secondo] quanto rivelato da Site Intelligence Group, la società statunitense che si occupa di pubblicare tutte le attività on line delle organizzazioni jihadiste”. Quasi una suspense infinita. Bisogna evitare di cadere nella trappola della paura, chiudendosi in casa, rinunciando alle nostre abitudini. Tale stato riguarda tutti noi Europei che vogliamo vivere in pace nei nostri Stati democratici e nell’Europa democratica. Dobbiamo uscire da questa situazione di insicurezza.
In tal senso le ricerche degli studiosi ci danno una mano per farci vedere la realtà così com’è, non deformata dalle lenti della paura. In una recente intervista sul Corriere della Sera, Alessandro Orsini, docente di sociologia del Terrorismo alla Luiss e direttore del sito “Sicurezza internazionale”, ha parlato della sua prossima pubblicazione nella Rivista di Politica edita da Rubbettino, un’analisi comparata delle stragi jihadiste in Europa. Il saggio con il titolo "Mutamenti sostanziali delle azioni terroristiche” sarà in libreria a breve. Nelle anticipazioni lo studioso mette in rilievo il progressivo cambiamento delle modalità degli attentati. A Parigi due anni fa, il 13 novembre del 2015, 9 terroristi che componevano la cellula dell’Isis riuscirono a portare a termine gli attentati in 6 zone della città. Nel marzo del 2016, un anno dopo, a Bruxelles entrò in azione un commando di 5 jihadisti che usarono cinture esplosive al posto dei mitragliatori. Le vittime furono 35. Completamente diverse le modalità dell’attentato sulla Rambla. Dalle indagini sulla tragedia di Barcellona è emerso lo scarso addestramento della cellula terroristica; dilettanti allo sbaraglio che stavano provando il funzionamento di un ordigno sono saltati in aria nel covo. Nell’arco di tempo che intercorre tra la strage di Parigi e quella di Barcellona ci sono stati 12 attentati, dai più organizzati agli altri sicuramente artigianali. Dopo Bruxelles i protagonisti del terrorismo jihadista sono stati lupi solitari o sparuti gruppi, al massimo di tre. Le armi usate: attrezzi da lavoro, coltelli, furgoni, camion.
Intanto, come già scritto, il sedicente stato islamico sta perdendo la guerra e, disperato, manipola ragazzini e adulti psicologicamente fragili sul web o li radicalizza nelle carceri (di meno nelle moschee, oggi controllate dall’intelligence) per mandarli a sicura morte. Una crisi irreversibile dell’Isis e dell’estremismo jihadista. Tale situazione lascia intravedere spazi di azioni politiche internazionali per il ripristino della democrazia in Medioriente e nel nord Africa (Libia soprattutto). Speriamo vivamente che non si facciano gli errori del passato e questa volta si prendano in seria considerazione le etnie o la struttura tribale di alcuni Stati. Naturalmente il rischio di attentati disperati anche in Italia è sempre presente. Ma la fiducia è ben riposta nella Magistratura e nelle Forze dell’Ordine che dimostrano capacità investigativa, preventiva e di contrasto. Pertanto noi cittadini italiani urliamo come a Barcellona “No tinc por! Non ho paura!”.