La riforma del Senato, tra punti fermi e possibilità di modifiche

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gull.jpgPer adesso  il fatto concreto è l’approvazione all’unanimità del disegno  di legge costituzionale di riforma del Senato, abolizione del Cnel e del titolo V da parte del Consiglio dei ministri.  Alla seconda Camera sarà dato il nome di Senato delle autonomie formato da 148 membri: 21 tra ex presidenti della Repubblica e  senatori a vita  insieme a 127 rappresentanti dei Consigli regionali e dei Sindaci. I nuovi rappresentanti, presidenti delle Giunte regionali, delle Province autonome di Trento e Bolzano, dei sindaci dei Comuni capoluogo di Regione: tutti senza indennità ed elezione diretta, ma con voto limitato al Consiglio regionale di due membri di ogni Regione e due sindaci eletti dal collegio elettorale dei sindaci della Regione. Non voteranno la fiducia al Governo e il bilancio dello Sato. Il Bicameralismo varrà soltanto per le riforme costituzionali e per l’elezione del Presidente della Repubblica. Per quanto riguarda il titolo V, ritorneranno di competenza dello Stato “produzione, trasporto e distribuzione nazionali di energia; grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza, porti e aeroporti civili, d’interesse nazionale e internazionale, programmazione strategica del turismo; ordinamento delle professioni intellettuali e della comunicazione”. Il resto rimarrà alle Regioni, soprattutto la pianificazione delle infrastrutture, i servizi alle imprese e servizi scolastici. Nell’immediato polemiche e botta e risposta tra Grasso, presidente del Senato, e Renzi, capo dell’Esecutivo; presa di distanza di alcuni esponenti di Forza Italia, Romani, Brunetta, ma non di Verdini, delegato da Berlusconi al dialogo-confronto sulle riforme con   Renzi. L’ultimissima, mentre scriviamo, ci dà la notizia di un ddl alternativo della sinistra Pd che prevede il Senato elettivo. Primo firmatario Vannino Chiti, di seguito a firmare altri 22 senatori. La minoranza interna appoggia la riforma approvata dal Consiglio dei ministri. Alcuni di Forza Italia vogliono prima l’Italicum e poi il Senato delle autonomie. Per quanto riguarda il tema in questione Roberto D’Alimonte, politologo, ha evidenziato su il Sole 24 Ore che nell’Ue solo la Spagna ha due Camere elettive. Questo il quadro.  Durante la conferenza stampa, la frase tipo di Renzi: “Mi gioco un’intera carriera politica”, variante di: “Ci metto la faccia”. Come per l’Italicum, testo blindato all’inizio. Ma già le dichiarazioni di Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, lasciano spazio ad eventuali “modifiche e miglioramenti nel dibattito parlamentare”, anche se permangono “punti fermi e imprescindibili”. Inizierà subito l’iter parlamentare e poi, se approvato, i tempi lunghi dei ddl  di riforma costituzionale, secondo quanto previsto dall’ art. 138 della nostra Carta. Tra gli interventi letti al riguardo, in particolare quelli non condizionati dalle contingenze politiche, elettorali e giudiziarie, ci è sembrato interessante e pertinente l’articolo di Gianfranco Pasquino, prof. di Scienza politica all’Università di Bologna. E’ apparso nei giorni scorsi su l’Unità con il titolo “Oltre il bicameralismo imperfetto”, appunto perché il nostro bicameralismo non è “perfetto”, come in molti lo definiscono. Sarebbe più corretto “paritario o simmetrico”. Essendo imperfetto va riformato (o abolito del tutto). Il politologo aveva già scritto molti anni fa (quindi in tempi non sospetti) il saggio “Partiti, gruppi sociali, lobby e singoli parlamentari”. Nel paragrafo 3 chiamava il nostro sistema parlamentare “Un bicameralismo indifferenziato”. Dovrebbero essere sufficienti queste brevi frasi: “Il cosiddetto bicameralismo, che  viene abitualmente gratificato della definizione di perfetto, è invece paritario in termini di funzioni, compiti e poteri di entrambe le Camere, ma molto imperfetto in termini di funzionamento . Nell’articolo, pubblicato da l’Unità, il docente bolognese propone “Senatori distribuiti tra le Regioni  in modo che quelle piccole ne abbiano uno soltanto e quelle grandi non più di 4 o 5, la loro elezione avverrebbe su scala regionale (…) Ciascun elettore avrebbe un solo voto con il quale scegliere il suo candidato in liste regionali (…) Coloro  che otterranno il più alto numero di voti saranno eletti”. Così, per sommi capi, la proposta di Pasquino. Aggiungiamo noi, per la corretta gestazione delle riforme, che la Costituzione appartiene a tutti e non  ad una parte. La nostra Carta deve stare al di sopra dei vincitori e degli sconfitti (a protezione) delle tornate elettorali per la salvaguardia del diritto, della democrazia e della libertà.

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