Torre di Albidona. C’era una volta il mare

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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bevilacqua_foto_blog_nuova.jpgIn questo fine settimana c’è il mare da salvare. Un vecchio amico, Rinaldo Chidichimo mi chiede di andare al capezzale del suo mare. Dove per anni sono venuto a ritemprarmi. Quando in giugno potevo ancora lasciare il lavoro per quindici giorni interi. Quando non c’era ancora questa follia produttivistica e consumistica che ci stritola. E trascorrere le mie giornate senza l’assillo dell’orologio, senza un limite all’orizzonte, cullato da una sinfonia di fronde e di cicale.

Al mattino presto, uscivo di casa avvolto dall’aurora dalle dita rosate. E con due grandi cani bianchi al fianco, salivo, fra rosmarini e lentischi, sulle pietrose pendici dei colli che collegano ai monti dell’interno. Mentre prendeva forma sotto di me il grumo di case terrose della masseria e, sul limite del terrazzo, la Torre di Albidona. Con la distesa di grano maturo come un tappeto d’oro. E con i pini d’Aleppo, così atipici per le coste calabre, salvo che per questo tratto di Ionio a nord del Raganello.

Vagavo a lungo nella solitudine e nel silenzio sino a veder emergere il sole dalle acque, a oriente. Poi tornavo nella piccola casa di pietre a fare colazione sulla veranda. Poi giù, verso il mare, a piedi, nel bosco e nella macchia. Fin sulla spiaggia sassosa, sbucando da una galleria di rami nel bosco naturale di pini d’Aleppo, tamerici, agnocasti, lentischi … e oleandri lilla.

A volte, all’alba, mi spostavo in auto per camminare sul greto del Satanasso: immensa colata di pini e oleandri. A volte verso Torre Spaccata di Amendolara. A volte al Castello di Roseto. Sempre mi piaceva farlo mentre gli altri ancora dormivano. Perché di quiete avevo bisogno.

Ma questi luoghi ora rischiano di perdere la loro quiete. Perché il martirio del territorio in Calabria – e non solo qui - non finisce mai. Vogliono costruire l’ennesima strada. Anzi l’ennesimo tracciato della vecchia strada costiera. Il terzo, per la precisione. Che andrebbe ad aggiungersi agli altri due della strada costiera ionica che già tranciano, come nodi scorsoi, la linea di costa. Che passerebbe sui magnifici terrazzi marini che orlano il confine fra le colline e il mare. Un paesaggio unico, originale e identitario.

Il paesaggio del grano, della macchia di pini. La nuova frontiera di una agricoltura d’avanguardia e di un turismo rispettoso e consapevole. Ma non tutti comprendono che non può aversi eco-nomia senza eco-filia, che non c’è progresso senza memoria, che non c’è futuro senza bellezza.  

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