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Cara maestra, io non lo so se le mie vacanze sono veramente cominciate oppure no. E perciò nemmeno posso dire se e quando finiranno. In verità, in questo periodo, riesco a rimanere un po’ di più all’ “Anello di querce” (casa mia). E questa mi pare la più bella vacanza che potessi augurarmi! Ma poi, siccome non sono partito, tutti mi chiamano al telefono per qualche cosa (clienti, amici, conoscenti, sconosciuti). E io rispondo alle chiamate, ché non sono mica maleducato e lo smartphone non ce l’ho per tirarmela e far credere che sono troppo occupato, come fanno certi. In questo caso, invece, mi pare che non sto in vacanza. Mi invitano a iniziative, festival, dibattiti – che ad agosto non sai mai dove dividerti –. Certe volte dico di sì, istintivamente, e mi rovino l’estate in viaggi in macchina nel traffico impazzito e in rientri in ore in cui, normalmente, comincio a svegliarmi dal breve sonno notturno. Ma altre dico no, razionalmente, ché purtroppo non sono ubiquo e pure un poco mi vorrei riposare. E mi dispiace quando dico no. Quindi, cara Maestra, non lo so con certezza se sto in vacanza o se riuscirò ad andarci.
Ma mi è bastato rimanere un giorno intero a casa - dalla sera del giorno prima alla mattina del giorno dopo (sul serio!) - e riordinare la mia biblioteca di sotto (ché quella di sopra, della mia stanza intendo, era troppo incasinata) per sentirmi un nababbo su una spiaggia di sabbia dorata in qualche remoto atollo polinesiano. Per far spazio ai libri ho regalato ad un amico: le mie collezioni di “Airone”, “Oasis”, “La nuova ecologia”, “Montagne”, “Qui Touring”, “Italia Nostra”; i numeri di “National Geographic”; quelli di “Meridiani Montagne”; una cinquantina di vinili 45 giri; una cinquantina di vecchie cassette video. E ho messo in delle scatole tutti i soprammobili – proprio tutti - che coprivano i libri (bomboniere e fotografie incorniciate comprese): perché i libri voglio vederli, trovarli, tirarli fuori senza ostacoli! I libri per me sono degli amici e io non schiaffo bomboniere in testa ai miei amici! E non posso coprire Hemingway nemmeno con la foto della mia famiglia. Mi è piaciuto tanto trascorrere due giorni su una fra le spiagge più belle e sconosciute del mondo, Torre di Albidona, e riposare a pochi metri dalla battigia in un bosco naturale di pini d’Aleppo, e fare una lunga passeggiata nella colata di oleandri del greto del Satanasso. Poi per tre mattine ho compiuto lunghi cammini ad anello sulle montagne di casa. E nei tre pomeriggi successivi sono andato alle feste dei risvegli di tre paesi vicini.
Dopo aver messo un po’ d’ordine perfino nella biblioteca di sopra, finalmente ho ripreso a scrivere un testo che mi è stato richiesto dal mio editore. E ho finito “Il cielo comincia da sotto” di Sonia Serazzi e “L’opera degli ulivi” di Santo Gioffrè. E continuo a leggere “Don Chisciotte della Mancia” di Miguel de Cervantes – che è tanto lungo ma bellissimo. E nel riprendere “L’idiota” di Dostoevskij, mi sono avveduto, dalla prefazione, che il grande romanziere russo paragonava il principe Myskin (l’idiota, quello di “La bellezza salverà il mondo”) a Don Chisciotte. E allora ho definitivamente capito: ecco i miei due eroi letterari! Ho cominciato a leggere “Masse e potere” di Elias Canetti, un po’ per scherzo, un po’ sul serio, che pure quello è lungo e tosto! Ho pure cominciato a leggere “Dio e il suo destino” di Vito Mancuso (ma sempre lunghi sono ‘sti libri che mi scelgo!). E ho guardato con amore “Horciynus Orca” di Stefano D’Arrigo e “Lo Sdiregno” di Giuseppe Occhiato: entrambi cerco di finirli da anni senza riuscirci. E ho pensato che tutti i romanzi dovrebbero avere i titoli ai capitoli e che tutti i saggi dovrebbero essere scritti con paragrafi brevi, titolati, in cui si comincia un ragionamento e lo si conclude, e non invece si ripete per cinquecento pagine la stessa cosa in tutte le salse. E ho sentito una conferenza su Gioacchino da Fiore e mi son detto: ma se Gioacchino influenzò i pauperisti e i francescani spiritualisti, allora scriveva per la gente semplice e per cambiare le cose, non per fare dotte discettazioni per una élite di teologi … e allora perché non spiegarlo ai semplici e perfino ai bambini invece di parlarne solo fra dotti? E guardo con tenerezza il mio corpo che cambia, invecchia, si adatta, resiste.
E imparo ad accogliere il tempo che passa come una benedizione. E imparo che la fatica del corpo allontana la depressione ben più che un antidepressivo. E mi sono rapato i capelli a zero, che sembro uscito dall’ospedale. E ho portato un artista simpatico a raccogliere un po’ di terra sulla cima di Serra Dolcedorme, sul Pollino, da mischiare ai colori che saranno sparsi sulle tele di una mostra di quadri sulle montagne dell’Appennino. E ora sto aspettando di finire il testo di cui sopra prima di ferragosto, perché dopo, per qualche giorno, voglio fare solo quel che mi va di fare: bighellonare per casa, prendere un bagno al mare o alla pozza calda di Caronte, camminare nei boschi e per le campagne, leggere quel che voglio saltando di palo in frasca, scrivere quando mi va, stare con persone care e amici. E godermi il caldo dell’estate … ché io non dico mai “che caldo che fa!” Ché io penso che d’estate deve fare caldo. E godermi tutte le belle piogge e i temporali brontoloni che questa estate ci sta regalando come una benedizione del cielo. E sentire il bosco che profuma di terra bagnata. E pensare che i piromani quest’anno sono stati fregati. E scendere il meno possibile in città, nel brulicare di bipedi e se possibile non mettere piede in un supermercato per giorni. E andare sempre dove gli altri non vanno. Ché a me piacciono i monaci di clausura e gli eremiti. E andarmene finalmente per qualche giorno in letargo creativo … anche se, cara Maestra, continuerò sempre a rispondere al telefono.