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Non faccio il tifo per la Juventus. Né per qualsiasi altra squadra di calcio. Io tifo per l’Aurora. L’Aurora dalle dita rosate. Perché, ogni giorno e per sempre, vinca la sua partita con la notte e sia preludio al sorgere del sole. Eos, invocazione di luce. Eos, speranza di chiarità. Non faccio il tifo per il potere. Il potere non mi dà orgasmi. Io tifo per gli abbracci e i baci e la commozione, per una vita erotica, traboccante d’amore e compassione. Non tifo per le moltitudini, le masse, le folle, i gruppi. Ogni assembramento è sospetto di omologazione e condizionamento. Io tifo per un piccolo chiostro, sanamente relazionale. Non faccio il tifo per il denaro. Non mi interessa guadagnare di più. Io tifo per la ricchezza della povertà, come dice una vecchia canzone calabrese, per una nuova pedagogia della parsimonia, per un’euristica della sobrietà. Non faccio il tifo per i viaggi a lunga gittata. Non voglio conoscere il mondo. Io tifo per le vecchiette di paese che recitano il Rosario nella penombra di una chiesa. O che vanno alla fontana, a prendere l’acqua. Santificando così la giornata, con quel piccolo gesto lustrale. Non faccio il tifo per l’informazione. L’informazione non mi dà l’illusione di esistere e contare qualcosa. Io tifo per il pettirosso. Vorrei sapere a cosa pensa, ogni mattina, quando sosta, estasiato, sulla quercia dinanzi alla mia finestra.