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Oggi parto da una frase attribuita ad Anton Cechov (1860/1904), che accompagna il messaggio di auguri appena ricevuto da un caro amico: "L'uomo è stato dotato della ragione e del potere di creare, così che egli potesse aggiungere del suo a quanto gli è stato donato. Ma finora egli non ha mai agito da creatore, ma soltanto da distruttore. Rade al suolo le foreste, prosciuga i fiumi, estingue la flora e la fauna selvatica, altera il clima e abbruttisce la terra ogni giorno di più.”
L’attenzione di Cechov per i temi della distruttività umana è sorprendente, benché la letteratura russa sia fortemente intrisa da questa consapevolezza. Considerati l’epoca e i luoghi in cui visse, la sua coscienza “ambientalista”, poi, risulta quasi profetica. E tuttavia, quel che più mi ha colpito di questa frase è l’idea che il grande narratore russo si era fatto del potere raziocinante e nello stesso tempo creativo dell’uomo. Più ancora che l’istinto della distruttività umana (sul quale hanno scritto pagine memorabili – benché molto diverse fra loro – tra gli altri, Konrad Lorenz ed Eric Fomm) mi sembra estremamente attuale l’attribuire all’uomo il dono di una creatività che sia collegata al raziocinio. Come a dire che una creatività irrazionale (vedasi il dogma scientista secondo cui tutto è lecito sul piano del progresso tecnologico) è del tutto contraria ai fini della preservazione dell’armonia del cosmo. Scopo, questo, che, pur risalendo all’antico pensiero ellenico, dovrebbe stare anche alla base degli interessi attuali dell’uomo. Che ce ne facciamo di un rapido avanzamento della creatività se esso non è retto da una effettiva capacità raziocinante. Ovvero, come potrà il potere creativo dell’uomo salvare l’armonia del cosmo senza un’effettiva e rigorosa percezione del limite, della misura. Non è un caso che per i greci, il peccato capitale fosse proprio la “hybris” ossia l’insolenza, la tracotanza, il volersi fare uguale a Dio. Forse Cechov intendeva proprio questo: un uomo che usa la sua straordinaria creatività senza calmierarla con una sana misura raziocinante, finirà per distruggere tutto ciò che gli sta intorno. E questa non è pura e semplice discettazione filosofica. Lo stesso Cechov elencava lucidamente i danni più evidenti che la dismisura, l’assenza del limite, stava, già allora producendo. Figurarsi oggi! Sia pensando alle grandi questioni ambientali ancora drammaticamente aperte, sia riflettendo sui problemi locali di quotidiano scempio delle nostre risorse naturali, c’è da temere che, alla fine, l’istinto di distruttività prevarrà su quello di conservazione.