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“Quando non si guadagna il pane, si perde la dignità. Questo è il dramma del nostro tempo, specialmente per i giovani, i quali, senza lavoro, non hanno prospettive per il futuro e possono diventare facile preda delle organizzazioni malavitose”. Gli è venuto facile, ricevendo una delegazione di lavoratori di Vibo, uno dei cuori sofferenti del Sud e della Calabria devastati dalle anomalie selvagge della criminalità organizzata, riscoprire la verità: “La mafia si vince col lavoro”. Lo ha ricordato in un modo che più semplice e chiaro non si può. Semplicità e chiarezza dirompenti perché talvolta l’ovvio è una rivoluzione.
“Rivolgo un accorato appello affinché non prevalga la logica del profitto, ma quella della solidarietà e della giustizia. Avere lavoro è una questione di giustizia, è una ingiustizia non poter avere lavoro”. Invece “Ci sono sistemi sociali, politici ed economici che in diverse parti del mondo hanno basato la loro organizzazione sullo sfruttamento. Hanno scelto, cioè, di non pagare il giusto e di cercare di ottenere il massimo profitto a ogni costo, approfittando del lavoro degli altri, senza preoccuparsi minimamente della loro dignità. Questo va contro Dio! Chi non lavora, non mangia e ha perso la dignità ed è la società che ha spogliato questa persona di dignità”.
Aldo Varano su Zoomsud ha così commentato: “le conseguenze sono dirompenti anche se Francesco non le ha esplicitate.Tra le più importanti, rispetto alla criminalità organizzata, è che la responsabilità della sopravvivenza della mafia è di chi non promuove politiche che con la crescita del lavoro lievitino la nostra dignità collettiva cancellando le mafie dall’orizzonte della nostra convivenza. La politica è l’unica energia che, creando lavoro, può sconfiggere la mafia ed è quindi la principale responsabile della sua devastante presenza. Ancor prima che per le sue complicità, che esauriscono ogni attenzione e denuncia, perché non assolve al ruolo di dirigere la società promuovendone la crescita. La società civile ha consentito che la politica, in una crisi crescente e sempre più pericolosa, si chiamasse fuori dalla responsabilità primaria della sconfitta delle mafie, riducendo il suo ruolo all’appoggio a un’antimafia attraverso contributi generosi e spesso opachi”.