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Gianni Amelio torna per la sesta volta alla Mostra del cinema di Venezia, il 4 settembre in concorso con L’Intrepido, dal giorno dopo nelle sale. Una storia ispirata dal fumetto omonimo che il regista - nato e cresciuto in provincia di Catanzaro - leggeva da piccolo. “Un film che respira l’aria di questo tempo, ma ogni tanto vuole trattenere il fiato. Parla dell'oggi e di tutti noi e non potrebbe essere più attuale. Però lo fa in una chiave che non è realistica o neorealistica ma metaforica, usando talvolta anche il grottesco con Albanese che è un po' un Candide che attraversa questa città italiana simbolica, lavora e non lavora e però ha fiducia e speranza. Un personaggio che, ammetto, ha la mia stessa filosofia di vita, penso che non bisogna mai lasciarsi andare o peggio piangersi addosso, vedere sempre che c'è una luce in fondo al buio. Ecco, il mio Antonio vuole andare incontro alla luce”.
E qui c’è la Calabria: “Ero il bambino che in Il primo uomo la nonna portava in macelleria e sgridava il macellaio per aver ingannato un innocente. È accaduto a me nella vita, in Calabria, nei primi anni 50. Mi offrivo sempre volontario per andare a comprare qualunque cosa servisse, perché dovevo fare la cresta sulla spesa e rimediare le 30 lire per il giornaletto. Ogni martedì poi mi alzavo all'alba, correvo all'edicola e compravo l’Intrepido. In qualche modo io su quei fumetti mi sono istruito come persona, poi forse anche come uomo di cinema". Interprete principale del film è Antonio Albanese, che, senza un lavoro fisso, un giorno fa il cuoco, un giorno fa il tranviere, un giorno sta su una gru: fa il rimpiazzo, per essere pronto “quando il lavoro ci sarà”, che chi lavora ha anche il privilegio di “poter scioperare”.
Una commedia amara, in cui però - dice il regista - si ride anche molto: “Penso - dice Amelio - che oggi sia un dovere essere positivi, essere intrepidi”.