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(sesta puntata)
In classe era sceso un silenzio profondo e il mio cuore tambureggiava al centro del petto.
La professoressa serrò le mascelle e mi lanciò uno sguardo duro. “Grandolfo, vieni qui!” sibilò a denti stretti. Era un’ingiunzione alla quale non mi potevo sottrarre.
Avvertii un nodo gelato allo stomaco. Di sicuro sarò sbiancato in viso. Scivolai di fianco dal banco e raggiunsi a capo chino il lato della cattedra.
Osservai di sottecchi la professoressa. Lei continuava a fissarmi con un’espressione di disprezzo stampata sul viso. Io abbassai lo sguardo per non incrociare i suoi occhi gelidi.
Mi puntò il dito indice della mano sinistra chiusa a pugno “Ora”, tuonò con voce alterata dalla rabbia, “devi fare la mia imitazione!”
Io avvampai in viso. Per un attimo ripensai alla bastardata di quei mocciosi. Per accattivarsi la benevolenza della professoressa avevano svelato la mia performance. Strinsi le mani a pugno e ripensai a quando li avrei nuovamente incrociati, in qualsiasi posto.
Rimasi in silenzio, incerto. Non volevo contrariare la professoressa ma, nello stesso tempo, non intendevo proporre in classe la parodia avvenuta in bagno durante la ricreazione.
Lei sembrò percepire la mia titubanza e m’incalzò: “Grandolfo: ti o-r-d-i-n-o di fare la mia imitazione. So’ che l’hai già fatta. Avanti!” Aveva alzato il tono di voce e, per sottolineare la forza cogente della sua intimazione, aveva sillabato il verbo.
Fu in quel momento che il mio percorso scolastico (e non solo) prese decisamente una direzione diversa. Talvolta, o forse molto più spesso di quanto si pensi, gli snodi cruciali entrano all’improvviso, non previsti. Solo a distanza di tempo ci si rende conto della loro effettiva portata; in particolare quando, in età matura, si avverte il bisogno di scartabellare tra le carte del passato e stilare un bilancio esistenziale ampio nel quale inserire ogni casella al suo posto tra le relazioni di causa ed effetto.
Io sollevai il capo e, sia pure a fatica, ressi il suo sguardo. Avvertivo una forte paura per ciò che stavo per dire.
“No!” Risposi deciso e rimasi sorpreso dello stesso tono asciutto della mia voce.
Avvertii un improvviso brusio in aula e qualche Ohhh di stupore sfuggito a taluni compagni seduti in prima fila.
La professoressa aggrottò le sopracciglia, come se il mio tono di voce e lo sguardo fermo avessero incrinato le sue certezze. Impose il silenzio battendo il palmo della mano sul piano della cattedra. Poi tornò a rivolgere il suo sguardo duro su di me. Colsi una leggera sfumatura d’incertezza sul suo viso. Aveva le mani strette a pugno, segno evidente dello sforzo per non esplodere a causa della rabbia. Rimase in silenzio con il viso leggermente arrossato e le labbra serrate come la lama di un coltello affilato. Nel contempo dava l’impressione che stesse elaborando una nuova strategia. Un lavorio mentale di spinte e controspinte durato qualche attimo per me interminabile nel quale immagino facesse appello a tutta la sua esperienza di insegnante.
Non mi sono mai sentito così solo e vulnerabile come in quel momento.
Il mezzo sorriso maligno e la mano dispiegata posata sul piano della cattedra furono i segnali di un nuovo piano ordito nelle sue linee essenziali. Fece un respiro profondo come per scacciare via ogni traccia di risentimento. “Torna al tuo posto, Grandolfo” disse pronunciando il mio cognome con un velo di disprezzo.
Io mi girai di lato e tornai al mio banco. Mentre la professoressa faceva finta di scorrere il registro di classe per scaricare la tensione, avvertii una mano posarsi sulla spalla. Era il compagno Oronzo che sedeva dietro di me e manifestava la sua solidarietà per il mio gesto. E devo dire che durante l’intervallo e il cambio del docente, ricevetti i complimenti dei miei compagni i quali elogiarono il coraggio mostrato nell’opporre un netto rifiuto ad una professoressa severa e, per alcuni versi, vendicativa.
Tuttavia, sfumata la tensione del momento, subentrò la preoccupazione per le ricadute sfavorevoli nel prosieguo dell’anno scolastico. Infatti, a giugno avrei dovuto sostenere gli esami di licenza media, previo giudizio di ammissione formulato dai docenti. E tra i docenti, la professoressa Zagli aveva un peso considerevole anche per l’indubbia autorevolezza.
(fine sesta puntata)