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(quinta puntata)
La professoressa si interessava molto di mitologia. Talvolta, quando nel corso di una lettura in classe emergeva una divinità pagana, lei si fermava, alzava la mano e chiedeva con voce invitante: “Vogliamo approfondire?”
Noi, sapendo cosa sarebbe accaduto, rispondevamo all’unisono con un sì convinto. Lei annuiva soddisfatta e tirava fuori dal suo cassetto della cattedra un dizionario di mitologia classica sulla cui copertina in brossura, color avorio, figuravano due centauri stilizzati in diverse sfumature di verde. Sfogliava le pagine in silenzio e, rintracciato il nome, leggeva a voce alta, ben modulata.
Quelli erano i rari momenti in cui abbassava lo schermo mentale protettivo e un sorriso da bambina felice le illuminava il viso. Era come se quell’approfondimento esteso alla classe, costituiva un elastico per riportarla indietro a momenti spensierati della sua giovinezza. Ebbene, in quelle circostanze riusciva a trasmettere un contagioso stimolo emulativo. Io, ad esempio, durante l’ascolto staccavo la spina dal presente e mi addentravo con l’immaginazione in un mondo popolato da Dei capricciosi, prove di forza disumane, punizioni terrificanti. Finii per acquistarlo, quel dizionario, e ancora oggi lo sfilo talvolta dal ripiano della mia libreria per un veloce consulto.
A tale proposito, c’è un altro episodio risalente al primo anno di scuola media. Un giorno la professoressa entrò in classe portando in mano un fascio di fogli protocollo piegati in due. Sedette alla cattedra, posò l’inseparabile borsetta sul piano e mise i fogli davanti a sé. Quindi fece un sorriso aperto e chiese: “Volete ascoltare il tema di uno studente di terza molto bravo?”
Ottenuta la risposta plebiscitaria, sparigliò il fascio e dopo una ricerca, recuperò un foglio protocollo. Annunciò di non voler rivelare il nome dello studente. Quindi iniziò a leggere: “Quando è estate (che bello!) andiamo in spiaggia a Capitolo…” Il tema proseguiva con la descrizione del mare cristallino, del fondale variegato e lasciava poi spazio ad un episodio di pesca subacquea. Mi colpì quell’inciso tra parentesi avente, di fatto, un valore inversamente proporzionale alla sua posizione nella frase: infatti appariva strategico per rendere l’idea della vacanza spensierata, vissuta intensamente al punto da suscitare una piacevole nostalgia. Un incipit, immagino istintivo, di notevole talento, poiché catturava l’attenzione del lettore e lo invogliava a proseguire nella lettura.
Beh, ero consapevole di essere lontano da quella capacità di scrittura fluida. Tuttavia, anch’io avevo ogni tanto un momento di gloria. Ricordo la volta in cui venni interrogato su un brano del Cid Campeador. Ero a un lato della cattedra. Dall’altro c’era un altro mio compagno di classe. Questo perché le interrogazioni si svolgevano a coppie di studenti. Dunque, la professoressa mi chiese di leggere il testo e io lo feci con voce impostata, come fosse una lettura interpretativa. In una mano reggevo il libro aperto e roteavo l’altra mano per sottolineare i passaggi drammatici. La professoressa mi rivolse un sorriso compiaciuto ed esclamò: “Che bravo Grandolfo: legge con partecipazione!”
È stata quella una delle poche volte in cui ho ricevuto un complimento sincero da una professoressa piuttosto severa. Avendo compreso di non essere nella lista dei suoi studenti preferiti, facevo del mio meglio per restare almeno nella fascia della sufficienza. Ma, in cuor mio, sapevo di poter rendere di più, molto di più…
Tutto ciò fino a quel benedetto giorno dell’imitazione fatta nel bagno della scuola. Un paio di ore dopo la professoressa Zagli entrò in classe. Noi, come di consueto, ci levammo in piedi e restammo così fino a che non sedette dietro alla cattedra. Aveva l’espressione del viso tirata e la fronte ampia aggrottata. Ormai la conoscevamo e sapevamo quando era agitata dalla lava della rabbia.
Lei posò il registro sul piano della cattedra, aprì la borsetta e prese la sua penna dorata. Incrociò le braccia e rimase in silenzio. Quindi fece un respiro profondo e lanciò uno sguardo accigliato in direzione del banco, in seconda fila, in cui ero seduto assieme al compagno Carlone. Non so per quale premonizione, ma quello sguardo mi fece trasalire e avvertii un brivido freddo correre lungo la schiena.
(fine quinta puntata)
di Angelo Tedeschi