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La seconda odissea della Sea Watch si è conclusa. L’immigrazione in Italia come investimento nel futuro
Scritto da Lametino 5 Pubblicato in Pino Gullà© RIPRODUZIONE RISERVATA
Si è conclusa positivamente dopo 13 giorni la seconda odissea della Sea Watch con 47 migranti. Sono sbarcati a Catania. Alcune varianti rispetto alla precedente: motoscafi con parlamentari che andavano a far visita per accertarsi dello stato di salute e delle condizioni igieniche di chi stava da giorni sulla nave; nessun rilievo penale sulla Ong per la Procura della Città etnea; maggiore disponibilità all’accoglienza da parte di alcuni Paesi europei. I migranti saranno distribuiti in nove Stati del Vecchio Continente: Italia, Spagna, Germania, Francia, Malta, Romania, Portogallo, Lussemburgo e Lituania. Ancora una volta il lavoro diplomatico del presidente Conte è stato efficace. L’Europa a piccoli passi comincia ad aprirsi “all’altro” superando paure e luoghi comuni. Su questa ultima notizia dai risvolti positivi c’è poco da aggiungere alle riflessioni dei precedenti articoli sulle migrazioni. Ritengo di avere già scritto in modo articolato. Invece è importante soffermarsi e approfondire su rifugiati e migranti economici ormai quasi stanziali nel nostro Paese. Per loro, dopo l’approvazione del decreto Sicurezza, le cose sono cambiate in peggio. E’ stato, infatti, abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari; saranno previsti soltanto permessi speciali temporanei per gravi motivi. Allungati i tempi nei centri di permanenza per il rimpatrio. Ridimensionato il sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), riservato solo a chi gode della protezione internazionale e al minore non accompagnato. Gli altri saranno cacciati e rischiano di rimanere per strada. A dicembre scorso sono iniziati gli allontanamenti (saranno ridistribuiti?) dal Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Isola Capo Rizzuto (prov. di Crotone); a fine gennaio 300 migranti del Centro di Castelnuovo di Porto in provincia di Roma sono stati trasferiti in altre località; identico provvedimento per 50 ospiti del Cara di Mineo (in prov. di Catania). Molto probabilmente questo sarà chiuso. Che ne sarà di quelli rimasti, all’incirca 1200? E i restanti ancora in attesa nelle altre regioni italiane? Ci sarà un futuro accettabile? Ci sono possibilità per un avvenire sostenibile?Le ultime emergenze migratorie a largo delle nostre coste sono risultate cariche di tensioni; con ripercussioni all’interno del Governo e della maggioranza (per non parlare della polemica politica messa in atto dalle minoranze) dopo la richiesta di autorizzazione a procedere del Tribunale dei ministri di Catania nei confronti di Salvini ( il titolare del Viminale) per il caso della nave Diciotti; la Giunta per le immunità del Senato dovrà decidere se processare il vicepremier o meno “per il reato di sequestro di persona”; da parte del Consiglio superiore della Magistratura richiesta di tutela per i magistrati del Tribunale dei ministri della Città etnea sottoposti “a violenta campagna denigratoria” su alcuni quotidiani on line e social. Considerate le turbolenze scatenate da partiti e movimenti, uomini di Governo e parlamentari in uno scontro dialettico continuo, cercare strade diverse, sarebbe, forse, più utile e costruttivo per venire a capo della problematica dei migranti, magari con minore effetto propagandistico o ritorno elettoralistico. Ma in funzione di obiettivi concreti e civilmente sostenibili.
In proposito gli studi di organizzazioni culturali e umanitarie potrebbero dare un aiuto in tal senso, come propone l’indagine Migranti: la sfida dell’integrazione dell’Organizzazione umanitaria del Cesvi(acronimo di Cooperazione e sviluppo), presente in 20 Paesi e premiata per la sua trasparenza del bilancio, e dell’ ISPI(Italian Istitute for International Political Studies), Istituto di ricerca delle dinamiche politiche ed economiche, con un team di 50 analisti e un network internazionale di 70 università, nel 2018 al primo posto al mondo tra i “Think Tank to Watch” nella classifica dell’Università della Pennsylvania. Lo studio citato ha posto l’attenzione sui migranti già presenti in Italia, dimostrando come l’integrazione conviene nel medio e lungo termine. Nel primo capitolo (Il calo degli sbarchi in Italia e i risparmi di spesa pubblica) gli analisti dimostrano come la diminuzione degli arrivi l’anno scorso e nei primi mesi del 2019 (in Italia dall’1 gennaio ad oggi, quasi il 96%; in Calabria l’82% in meno) ha limitato i costi di spesa pubblica: un risparmio di 1 miliardo il primo anno e di 1,9 miliardi dal 2019 in avanti. Tale somma potrebbe essere utilizzata per creare delle opportunità di integrazione. La pubblicazione dimostra “attraverso l’analisi dei dati a disposizione e i modelli previsionali elaborati ad hoc” come la mancata integrazione “rischia di rendere rifugiati e richiedenti asilo un peso per le casse dello Stato per gli anni a venire”. I costi della mancata integrazione, argomento del II capitolo, evidenziano, soprattutto, che “il divario tra non comunitari residenti in Italia e Italiani è andato allargandosi; (…) le famiglie con stranieri risultano essere più povere e deprivate; (…) i migranti hanno dunque il doppio delle probabilità dei nativi di essere a rischio povertà (…) con probabilità di essere arrestat[i] di oltre sei volte rispetto a quella [degli] Italian[i]". Nell’ultimo capitolo, il terzo, L'integrazione come investimento, vengono illustrati i lati positivi dell’integrazione se viene “interpretata come un investimento nel futuro”. Se le politiche dell’Italia e degli altri Paesi dell’Ue avvieranno “un’integrazione virtuosa” ci saranno “ricadute positive”. La sola accoglienza per motivi umanitari con il passare del tempo tende ad essere un peso per le casse dello Stato, mentre oculate politiche di integrazione diventerebbero nel lungo termine “un beneficio sia per le entrate fiscali sia per il Paese nel suo complesso”. Segue poi un discorso analitico sul mercato del lavoro, sulle simulazioni di spesa, sui diversi modelli d’integrazione che allungherebbero e appesantirebbero di molto il pezzo del blog. Spero di poterlo fare prossimamente. Per adesso ritengo importante segnalare questa modalità diversa e in controtendenza con il sistema di accoglienza in vigore: “Non guardare al costo attuale, [ma cercare] di capire quanto la spesa attuale possa generare un ritorno sufficiente da ripagarsi completamente nel futuro”. Se i nostri politici trovassero il tempo di leggere l’intera pubblicazione…