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Un articolo di Repubblica pubblicato il 6 settembre a firma Sergio Rizzo con la foto che l’accompagna (e che ora correda questa nota) è una drammatica immagine del divario Nord-Sud. Si tratta di un reportage sulle grandi opere italiane al momento bloccate o che comunque trovano difficoltà ad andare avanti per complicazioni politiche o per impedimenti burocratici che segnano pesantemente l’Italia. Non ha altri obiettivi e non fa riferimento ad altro il servizio. La foto che l’accompagna come potete vedere è un disegno dell’Italia con cerchietti sovrapposti numerati da uno a undici che segnalano i territori in cui vi sono grandi opere in costruzione, al momento interrotte, o grandi opere non avviate pur essendo state decise e finanziate. Basta un’occhiata, perfino distratta, per rendersi conto che tutti i cerchietti si trovano nel Centro-Nord (e più nel Nord che nel Centro). Il cerchietto più basso, il numero 4, segnala l’autostrada tra Roma e Latina. Tutto il resto è più su.
In Italia meridionale non c’è nessuna grande opera bloccata. Perfetto. Potrebbe sembrare una buona notizia. Invece siamo alla brutale rappresentazione della reale condizione di abbandono del Sud dove non ci sono grandi opere bloccate perché non c’è alcuna grande opera in costruzione, né da iniziare, né prevista. Così stanno le cose. L’immagine del servizio non è altro che una brutale confessione sulla realtà meridionale. Salvini, Zaia e Fontana hanno ossessionato i meridionali proponendo il “federalismo differenziato” (meglio conosciuto con l’espressione semplificata della “secessione dei ricchi”) spiegandoci che se loro hanno più soldi da spendere (e quindi il Mezzogiorno ne ha di meno) per i meridionali sarebbe un vantaggio perché meglio e più da vicino potrebbero controllare i politici del Sud che sono incapaci e/o corrotti. Lo hanno gridato dalla Capitale di Tangentopoli che è il capoluogo della Regione il cui presidente è finito in galera per corruzione con sentenza definitiva (Formigoni).
Ovviamente, non è questo il problema fondamentale. Né è vero che in Lombardia o in Calabria o Sicilia sono tutti, o in maggioranza, corrotti. Il vero è la foto coi cerchietti. Racconta (e dimostra) un’Italia spezzata in due. Da un lato (e con i soldi dell’intera comunità) sono stati fatti investimenti che hanno consentito e consentono elementi crescenti di modernizzazione, che è la ragione fondamentale e strategica per la produttività del lavoro e la produzione del Pil. Dall’altro s’è affermata, per responsabilità dell’intero Stato italiano, una desertificazione di modernità: le strutture continuano ad essere quelle antiche ed obsolete, il territorio è sempre a maggior rischio di degrado, la produttività tende al basso.
Una fotografia che testimonia la vergogna, nel migliore dei casi l’incapacità e la modestia, per schiere di classi dirigenti che a Nord e Sud hanno promosso, o comunque hanno accettato e/o non hanno saputo combattere, uno sviluppo distorto che ora paghiamo perché il territorio arretrato si vendica sull’intero territorio e la situazione italiana è pesantissima perché il Sud produce come e quanto può (molto meno di quanto potrebbe e dovrebbe, con strutture arcaiche, fatiscenti, nel complesso non adeguate al nostro presente storico. Se poi su quella cartina geografica si tracciano la grande velocità, i sistemi informatici, la diversità crescente del sistema sanitario, la qualità del sistema viario e tutto il resto balza agli occhi il dramma del Mezzogiorno, il perché dalla sua bassa produzione di Pil, della sua desertificazione, della fuga dei giovani, soprattutto quelli meglio formati (a spese delle famiglie meridionali). Il problema Italia è per intero raccontato da quella cartina. E il fatto che sia stata disegnata per ragioni che col Mezzogiorno non c’entrano nulla fa capire quanto sia diventato drammatico e tragicamente invadente il problema Sud.