La Calabria durante il decennio francese: riforme giudiziarie, amministrative… e scolastiche

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio-ok_48ed3-1_c2018_736f4_c645b_efd06_cf25d_61a3f_f5055_5e33f_9bc9f.jpgDue eventi eccezionali, tra loro intimamente connessi, si verificarono in Europa tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX: la Rivoluzione Francese e l’Impero Napoleonico; essi ne cambiarono radicalmente la struttura istituzionale, economica e sociale; nel passo che segue viene delineato un quadro sintetico dei profondi mutamenti che sconvolsero l’assetto dell’intero continente: “La Rivoluzione Francese e le guerre che seguirono, culminate nel tentativo di Napoleone di creare un impero continentale europeo, che rivaleggiasse con l’impero marittimo britannico, portò l’Europa del lungo XVIII secolo ad una stretta finale in termini economici e politici […]  A mano a mano che gli eserciti guadagnavano controllo su territori europei sempre più ampi, dai Paesi Bassi all’Italia, dalla Renania all’Elba e, quindi, anche alla Spagna, il progetto economico continentale mirò ad escludere permanentemente la Gran Bretagna dal commercio con gli Stati dell’Europa continentale [...] L’esclusione del commercio britannico andava di pari passo con la subordinazione delle economie dei Paesi satelliti alle necessità della economia francese. I trattati commerciali, imposti dall’Imperatore agli Stati satelliti della Francia, erano studiati per garantire alle manifatture francesi forniture di materie prime e, in cambio, dare mercati alle manifatture francesi [...] L’aspetto più positivo del retaggio napoleonico venne con l’agenda di riforme che gli eserciti e gli amministratori diffusero per l’Europa. In quei Paesi che vennero sotto il diretto governo francese il feudalesimo fu abolito e lo Stato riorganizzato secondo i principi emersi dalla Rivoluzione in Francia […] Lo Stato riguadagnò completa sovranità e furono abolite tutte le giurisdizioni private. Si riorganizzarono le tasse al fine di mantenere le nuove burocrazie amministrative, che badavano a dare esecuzione alle nuove mentalità amministrative – in particolare a favorire i princìpi che la proprietà e l’impresa individuale erano le chiavi di volta dello sviluppo economico. I nuovi Stati burocratici ora si assunsero responsabilità in quanto alla istruzione, per promuovere la conoscenza su coltivazione e manifatture, per mantenere e costruire adeguate infrastrutture- strade , canali e progetti di bonifica del territorio” ( John A. Davis,Tra Espansione e Sviluppo Economico nell’Europa del XVIII Secolo,  in ‘Dall’Espansione allo Sviluppo- Una Storia economica dell’Europa’, G. Giappichelli Editore, Torino, 2011, pp. 195-197).

Nel 1806 i Francesi conquistarono il Regno di Napoli; nel brano successivo sono indicate le fasi salienti di tale rapida conquista: “Il Borbone [Si tratta del re Ferdinando IV, N.d.R.] scappò il 23 gennaio e riparò a Palermo. I Francesi giunsero nella capitale << vacante>> e la occuparono senza ostacoli. Il giorno dopo (15 febbraio) arrivò Giuseppe [Fratello di Napoleone, che poco tempo dopo diventerà nuovo re di Napoli, N.d.R.]. Primo suo pensiero fu quello di spedire una parte del suo esercito all’inseguimento delle forze borboniche che già, con graduale movimento di ritirata, erano pervenute in Calabria [...] Il 20 marzo la Calabria fu totalmente sgomberata dalle truppe del Borbone. Tra l’11 e il 17 aprile Giuseppe volle <<perlustrare>> la regione e assicurarsi di persona delle possibilità strategiche e tattiche per un eventuale passaggio in Sicilia. Nel viaggio di ritorno, dopo aver lasciato Reggio, e raggiunta Bagnara, egli ebbe consegnato il decreto dell’imperatore fratello che lo nominava re di Napoli. Era il 30 marzo 1806 [...] Rientrato l’11 maggio a Napoli, pomposamente s’insediò sul trono” (Enzo Misefari, Storia Sociale della Calabria, Jaca Book, Milano, 1976, pp. 249-250).

I Napoleonidi nella loro azione di governo seguirono gli stessi principi  e metodi adottati nelle altre terre conquistate, come indicato all’inizio del presente scritto, e s’impegnarono a realizzare nel Regno di Napoli le riforme ritenute necessarie per rendere stabile la conquista e rafforzare il consenso verso la nuova dinastia; in questa sede ci si occuperà delle riforme per come furono attuate in Calabria, avvertendo che esse erano rivolte a tutto il Regno; ma nella realizzazione pratica ci furono delle specificità applicative da mettere in relazioni con le differenze territoriali, per come evidenziato di seguito: “Più sicuro impatto ebbero i provvedimenti napoleonidi nell’ambito giurisdizionale e amministrativo.  Nel regno esisteva un’antica tradizione giuridica, intorno alla quale un’intera classe sociale aveva costruito le proprie fortune economiche e politiche, diventando una delle componenti caratteristiche del vecchio regime.  La degenerazione di questa tradizione, per il continuo sovrapporsi di varie dominazioni, aveva dato origini ad un coacervo inestricabile di leggi e magistrature. L’introduzione del Codice napoleonico rappresentò un atto rivoluzionario in un paese che […]  gemeva […] sotto il peso di un’informe mole di leggi, con infiniti intralci di giurisdizione, riti, formalità, appelli, reclami per cui le vertenze erano eterne’. L’ampliamento dei ruoli dei magistrati, la separazione tra potere amministrativo e potere giuridico, il decentramento delle istituzioni giuridiche nelle province furono istituiti i tribunali di prima istanza, le corti criminali, la corte d’appello e i giudici di pace liberarono i tribunali della capitale da un’enorme mole di lavoro, abbreviando così i tempi e snellendo le procedure, e favorirono il risveglio culturale delle province. Il sistema amministrativo borbonico si era rilevato assolutamente inadeguato per le esigenze di uno Stato moderno e già lo Zurlo ne aveva caldeggiato la riforma. Il progetto era stato poi vanificato dai limiti stessi del regime borbonico che aveva definitivamente abbandonato dopo gli eventi del ’98 e del ’99 ogni velleità riformistica accentuando, anzi, le spinte conservatrici e più spiccatamente retrive. Al contrario, i napoleonidi, privi di ogni legame con l’ancien règime, poterono avviare la riforma dell’amministrazione civile. La rapidità con la quale essi intervennero in questo campo è da attribuire alla necessità di allargare quanto più possibile la base del consenso verso il nuovo regime, coinvolgendo nell’amministrazione statale le forze migliori del paese. I primi provvedimenti si registrarono nel pieno dell’infuriare della ribellione calabrese. Col decreto dell’8 agosto 1806 veniva modellata l’amministrazione civile secondo gli istituti francesi, l’opera fu completata con la ripartizione delle province in distretti e governi (questi ultimi poi furono tramutati in circondari). Rimanendo immutata la ripartizione territoriale, le due province calabre furono suddivise in 4 distretti ciascuna, retti da un sottointendente e raggruppanti i governi o circondari [..] A capo delle province non erano più i presidi cui subentrarono, con poteri ridotti, meglio definiti e più facilmente controllabili, gli intendenti. La scelta delle persone destinate a ricoprire questa importantissima carica fu sempre effettuata con estrema oculatezza; furono preferite persone di provata fedeltà e di chiara fama, anche se non sempre perite dell’arte del reggimento politico-amministrativo” (Antonio Puca, La Calabria nel Decennio Francese, in ‘ Storia della Calabria Moderna e Contemporanea – Il Lungo Periodo ’, Gangemi Editore, Roma- Reggio Cal., 1992, pp., 439-440).  Il territorio regionale fu così suddiviso: Calabria citeriore, con capoluogo [Nella Legge istitutiva sta scritto: Provincie e Loro Capitali, N.d.R.] Cosenza con i distretti di : Cosenza, Rossano, Castrovillari, Amantea  e Calabria ulteriore  con capoluogo Monteleone, (l’attuale Vibo Valentia), con  i distretti di: Monteleone, Catanzaro, Reggio, Gerace ( A. Lepre - P. Villani, Il Mezzogiorno nell’Età Moderna e Contemporanea,  Vol. I, Guida Editori, Napoli, 1974, pp.296-297).  Notevole fu l’impegno dei governanti francesi negli interventi riguardanti la scuola, per come esplicitato nel passo seguente: “…nel Settecento gli sforzi dei Borboni per migliorare la pubblica istruzione, soprattutto dopo il sisma del1783, non approdarono a concreti risultati; i centri culturali della regione restarono i seminari diocesani, ai quali accedevano anche i giovani che non si dedicavano alla vita ecclesiastica. Tuttavia, le numerose sedi vacanti e la non infrequente insufficienza di rendite fanno sì che la distribuzione dei seminari sia sporadica e l’istruzione- per i programmi svolti e la preparazione dei docenti- spesso deficiente e lacunosa. Con l’avvento dei Napoleonidi, il problema dell’istruzione primaria è affrontato con decisione fin dal 1806, obbligando tutti comuni, le terre ed ogni altro centro abitato a mantenere un maestro per l’istruzione elementare dei fanciulli; i progressi in verità sono deludenti per vari motivi- non ultime la tensione sociale e la mancanza di insegnanti. Onde nel 1808 si danno nuove disposizioni che però non sono operanti in Calabria. Qui esistono solo tre scuole pubbliche a Catanzaro, a Cosenza e a Monteleone, onde i Consigli Provinciali ravvisano la necessità di ricorrere ai parroci, i quali oltre che assumere l’incarico di maestri devono persuadere i genitori a far frequentare la scuola ai fanciulli. Per altro, l’opposizione degli ecclesiastici alla diffusione della scuola laica costituisce un ostacolo non trascurabile, tanto più che i seminari diocesani si sono nel frattempo sensibilmente ridotti di numero. Il problema dell’istruzione pubblica e laica, anche se i progressi sono lenti e laboriosi, entra nella coscienza della classe dirigente calabrese come un’esigenza primaria per l’elevazione civile della regione. Più fruttuosi sono gli interventi a favore dell’istruzione secondaria, per la quale sono fondati i Real Collegi, con docenti di grande talento. Primeggiano tra i collegi quello di Cosenza, fondato il 27- 4-1808 che gode del favore personale di Gioacchino Murat ed è frequentato dai rampolli delle migliori famiglie della borghesia provinciale. Anche a Catanzaro nel 1808, è fondato il Collegio di cui è rettore Gregorio Aracri; nel giugno 1812 è istituito il Collegio di Monteleone. Le notizie del Collegio di Reggio sono frammentarie; elevato a Liceo con facoltà di belle lettere, con decreto del 18-2-1813, si dibatte tra mille difficoltà finanziarie […]. Il Collegio Italo-Greco di San Demetrio Corone, dopo le devastazioni subite nel 1799 per opera dei sanfedisti e nel 1806 per mano dei briganti, rifiorisce sotto la guida di monsignor Bellusci…” ( Giuseppe Brasacchhio,  Storia Economica della Calabria – Il Decennio Francese – 1806-1815 -  Volume Quinto,  Edizioni EffeEmme, Chiaravalle Centrale,1980, pp. 130-131). Da quanto sopra esposto è possibile inferire che i governanti francesi cercarono di attuare le riforme ritenute più urgenti nella regione sulla scia di quelle realizzate in altri territori del loro vastissimo impero in modo tempestivo e con illuminata lungimiranza.

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