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Nell’ultima assemblea nazionale del PD si è manifestato un certo dissenso. Alcune esternazioni o giudizi inequivocabili sulla stampa e alla tv. Debora Serracchiani dal curriculum politico di tutto rispetto (presidente di regione, deputato, eurodeputato) ha dichiarato: “Lasciamo a casa qualcuno”. Alcuni giovani democratici, come Katia Tarasconi, hanno detto che c’è bisogno di un “repulisti: “Ritiratevi tutti”. Altri non hanno avuto peli sulla lingua, per esempio Dario Corallo, trentenne candidato alla segreteria: “Avete fallito”. Guardavo e ascoltavo un servizio televisivo sul Partito democratico. Mi è venuto in mente Nanni Moretti sul palco di Piazza Navona, il suo urlo (ricordo a memoria): “Con questi dirigenti non vinceremo mai!”. Per carità, situazione diversa, sono trascorsi più di tre lustri; eravamo all’inizio del Terzo Millennio; alcuni partiti o certo modo di far politica reggevano ancora; ma già risultavano vincenti il populismo televisivo e quello identitario. Gran parte dei partiti della cosiddetta prima Repubblica era già scomparsa, il personale politico si era riciclato, ciò nonostante ancora si faceva, primariamente, l’analisi del voto; si discuteva, si elaboravano programmi e contenuti per chi andava a governare o per coloro i quali dovevano stare all’opposizione. Oggi nel Pd e nella sinistra in genere analisi e contenuti passano in secondo piano; contano maggiormente leader e candidati che, purtroppo, hanno portato alla sconfitta del 4 marzo favorendo l’avvento del populismo del web al governo del Paese. Di nuovo le battute di Moretti questa volta nel film Aprile, nel momento in cui avevano fatto il loro ingresso nei talk telepolitica e populismo identitario: “D’Alema di’ una cosa di sinistra”. Oggi Per la corsa alla segreteria del Nazareno ho contato 7 candidati: Nicola Zingaretti, Marco Minniti, Matteo Richetti, Maurizio Martina, Francesco Boccia, Cesare Damiano, Dario Corallo. Spero di non averne dimenticato qualcuno. Se ne aggiungeranno altri? Matteo Renzi non si è fatto vedere. Mi sono ricordato di un’altra battuta celebre di Nanni Moretti nel film Ecce bombo: “Mi si nota di più se me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. L’ex segretario, in questa legislatura senatore del Pd,pare dedichi maggiore attenzione alla Leopolda o ai Comitati civici (ricordano nel nome i comitati cattolici del 1948); è il movimento lanciato alla Leopolda, che dovrebbe, secondo qualche commentatore, dare l’avvio ad una nuova formazione di centro, come quella di Emmanuel Macron in Francia. Matteo Renzi e i renziani sarebbero pronti ad uscire dal Pd.
Il Partito democratico si avvicina alle primarie con tanti candidati a segretario; rischia di diventare correntizio (o forse è già caratterizzato da diverse anime); inoltre ci potranno essere eventuali diaspore, dopo quella di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani. Questi leader dei tempi andati avevano fondato Articolo 1-MDP; si erano messi insieme con Sinistra Italiana, segretario Nicola Fratoianni, e con Possibile di Pippo Civati, formando Liberi e Uguali insieme a Laura Boldrini e Pietro Grasso, rispettivamente ex presidenti della Camera e del Senato; ma il matrimonio è durato poco; militanti e simpatizzanti di Liberi e Uguali adesso sono in libera uscita, in ordine sparso o rientrati nelle formazioni politiche originarie. “Va bene, continuiamo così, facciamoci del male”, ancora riemerge dal mare dei ricordi, Nanni Moretti nel film Bianca. Non mancano i partitini a sinistra: Associazione futura, Rifondazione comunista che ha divorziato da Potere al popolo, Partito comunista, Per una sinistra rivoluzionaria, Falce e martello. Magari hanno voglia di parlare alle “masse” come i gruppi extraparlamentari degli Anni ‘70, ma le percentuali sono minime. Dall’altra parte dello schieramento, tanti voti, specialmente per la Lega e il Movimento 5 Stelle. Per loro hanno importanza la gente, il popolo, non le masse proletarie ormai passatiste. Hanno intercettato il malcontento.
Forse per comprendere l’attuale debolezza della sinistra bisognerebbe tornare al metodo tradizionale. Proverò, a modo mio, partendo dall’analisi del voto. Innanzitutto è da sottolineare l’astensionismo in costante aumento: 24.8% nel 2013, 27,1% nel 2018. L’astensionismo più alto si è verificato quest’anno, il più alto della storia repubblicana italiana per quanto riguarda le elezioni politiche. Restringendo l’analisi per non affaticare con numeri e percentuali chi ha voglia di leggere, Bersani, in occasione dell’appuntamento elettorale del 2013, “sbagliò il rigore a porta vuota” e ottenne il 29,6% con Italia bene comune; ma Renzi, che credeva di essere Ronaldo, con il centrosinistra ha ottenuto il 22,85% il 4 marzo scorso; il Pd ha perso 2 milioni e 500 mila voti rispetto alle elezioni precedenti. Renzi ha sbagliato il rigore, senza il portiere tra i pali, mandando il pallone in calcio d’angolo. Al contrario hanno stravinto i Pentastellati e ha vinto La Lega. Hanno saputo fare campagna elettorale, dal loro punto di vista, parlando “alla pancia” dell’elettorato. Rispetto al 4 marzo, il dato nuovo nei sondaggi oggi è che La Lega ha sopravanzato i 5 Stelle che diminuiscono in percentuale. In declino il Pd e gli altri. Sullo sfondo sta la crisi; dal 208 ad oggi, 5 milioni di Italiani non riescono a sbarcare il lunario e la povertà avanza. L’Unione europea si è espressa negativamente sulla politica di bilancio e sulle prospettive di crescita dell’Itala. Preoccupazioni di banche, industria, sindacati sui primi atti di governo. Lo spread in salita. E il Pd che fa? Critica e non propone; continua a farsi del male. Ha trascurato le periferie, il Mezzogiorno, la scuola, le realtà industriali del Nord, ha perso nelle roccaforti storiche del Centro Italia. Da Blair in poi il Partito democratico ha inseguito il liberismo e la globalizzazione, allo stesso modo di Berlusconi; così la sua politica si è rivelata perdente. Con Renzi ha cercato addirittura di inseguire il populismo come ho scritto negli articoli precedenti citando i testi di Marco Revelli (Dentro e Contro, Populismo 2.0).
“D’Alema di’ una cosa di sinistra”. Ed è arrivato Massimo D’Alema, sicuramente esperto sugli strumenti e sulle analisi della politica. Mi ha aiutato a completare l’articolo. Non lo so se ha detto qualcosa di sinistra, di centro sinistra o altro. Siamo nel Terzo millennio e il mondo è cambiato rispetto al secolo scorso. Giudicate voi che avete la pazienza di leggere. Ha detto la sua sulla situazione attuale nelle prime pagine dell’ultimo numero della rivista di cultura politica Italianieuropei di cui è direttore: “Il maggior partito del centrosinistra [il Pd] dovrebbe promuovere un congresso aperto” all’indomani del 4 marzo per discutere sul che fare. Dunque un congresso inclusivo per avviare nuove strategie e cercare un’alternativa. Ha fatto, come doveroso, autocritica, su quanto è avvenuto a sinistra del Pd: “Anche chi dal Pd si è separato [Articolo 1-MDP] non ha saputo o non ha potuto proporsi come promotore di una nuova stagione di lotta”. Ecco il politico di lungo corso; quando è il momento di fare autocritica, la fa. Questo non è avvenuto nel PD dopo il 4 marzo. Poi un breve excursus storico per evidenziare l’importanza della socialdemocrazia europea che è riuscita a conciliare sviluppo capitalistico democrazia e giustizia sociale. Ha affrontato la sfida della globalizzazione entro il modello dell’Ue con una visione ottimistica della globalizzazione. Da qui “la svolta liberale della sinistra (…) rivelata [si] largamente illusoria”. La crisi economica internazionale dal 2008 in poi ha fatto il resto. Il neoliberismo ha completato l’opera dando moltissimo a pochi e pochissimo ai molti; eccessivo aumento delle diseguaglianze e ceto medio impoverito. I disordini di questi giorni in Francia sono un’ulteriore conferma di ciò che si sta scrivendo. Nel Pd e nella sinistra ancora “non è riuscita ad affermarsi una nuova visione del mondo e dello sviluppo”. L’Ue ridotta a finanza e moneta, non fautrice di sviluppo e solidarietà, è stata vista in maniera negativa. Sono prevalsi egoisticamente gli interessi nazionali; condivisione e responsabilità sono andati a farsi benedire; esempio paradigmatico: il problema migranti. La sinistra ha pagato il prezzo maggiore di tale situazione con qualche eccezione (Spagna, Portogallo); populismo, nazionalismo, politica anti-establishment hanno avuto la meglio. Toccherebbe ora al PD e alla sinistra combattere le disuguaglianze e competere con i movimenti populisti per la riconquista dei ceti popolari. Per le prossime elezioni europee non bisognerebbe schierarsi né con coloro che sostengono l’europeismo tradizionale né con gli anti-establishment. Ma realizzare i principi dell’Ue con un nuovo patto fondativo di solidarietà, progresso, giustizia sociale, principi finora rimasti solo sulla carta. Ecco la proposta di D’Alema di riforma dell’UE: “Un’Europa (…) che sia sostenuta da un progetto di radicale democratizzazione e da un indirizzo nuovo di politiche economiche e sociali che comprenda la revisione del Fiscal Compact (…) che sia garante di investimenti innovativi e diritti sociali”. Una campagna elettorale europea cosiffatta avrebbe delle ricadute positive all’interno dell’area di sinistra. Risveglierebbe quell’elettorato in esilio volontario nel M5S perché tradito dal centrosinistra che non ha saputo vedere le problematiche sociali. Potrebbe ritornare in un alveo più consono alle sue idealità e bisogni. Se poi, come prevedono alcuni anchormen, Lega e M5S romperanno il patto per motivi e/o interessi diversi, ci potrà essere: da una parte lo schieramento di centro-destra, dall’altra un avvicinamento tra M5S e sinistra. Non era questo il desiderio di Bersani nel 2013?