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La felicità...esiste...è un attimo, perchè non siamo quasi mai felici? Il desiderio produce infelicità. Cosa leggere, come vivere senza mai pensare a come poter essere felici? Si legge di tutto, ma non si capisce la ricetta per poter vivere questa dimensione.
"Credo che la storia dello sviluppo delle parole sia come uno specchio in cui leggere il progredire del pensiero umano. Il termine "felicità" ha sostituito progressivamente, nel sentimento e nel parlare comune fuori dell'area teologica, il termine classico di "salvezza".
Ciò ha significato la perdita della pregnanza cosmica contenuta nel concetto cristiano di salvezza. Col termine "salvezza" era connotata la salvezza del mondo, entro la quale si realizza quella personale.
Invece felicità, ora, riduce il contenuto della salvezza a una sorta di benessere individuale, a una "qualità" del vivere dell'uomo inteso come individuo; in questa prospettiva il "mondo" non viene considerato più per se stesso e globalmente, ma solo in funzione individualistica.
Si ha così un depotenziamento del contenuto teologico della salvezza. Se non che al termine "felicità" sta subentrando prepotentemente un altro termine più fortunato, vale a dire il termine "futuro". Questo termine per così dire, riabilita l'intenzione profonda che era nascosta nel termine "salvezza".
La "felicità" fu intesa sempre più in senso autonomo e opposto, rispetto al "salvarsi l'anima". Ma così l'uomo, affamato di piacere, chiuso nell'orizzonte ristretto dei suoi sogni immediati, ha cominciato a confrontarsi con gli altri, con i più fortunati e più felici di lui.
Non potendo sopportare la presenza di altri uomini più felici di lui, ha cominciato a sognare e a lottare per un futuro di uguaglianza per tutti.
L'ideale borghese non basta più, perché l'uomo non puo restare isolato, da solo; ha fame di una felicità totale, più grande." . Il risultato è che oggi la vera risposta della fede può essere oscurata da due parti. Dall'una parte, la memoria "eucaristica" dell'amore del Signore e della sua promessa viene cambiata in una memoria "pericolosa" (Bloch), strumento di una religione dell'invidia.
Dall'altra parte, il cristianesimo può essere considerato come fattore di mantenimento della situazione attuale del mondo, privilegiante piccoli gruppi potenti. Oggi, poi, si sentono voci di stanchezza e di rassegnazione anche da parte di coloro che hanno patrocinato il superamento dell'immobilismo e la radicale immissione nella "lotta per il nuovo". Il momento euforico della ragione tecnologica d'Occidente e della ragione rivoluzionaria d'Oriente sembra passato.
Sta subentrando una crisi di stanchezza. Occorre reagire. La teologia stessa deve aiutare l'uomo d'oggi a trovare possibilità, le più profonde e vere, di cambiamento del mondo.
L'uomo non si accontenta più di un supplemento, di una aggiunta quantitativa di felicità; né di una semplice distribuzione più equa dei beni presenti.
Egli domanda qualcosa di totale, di veramente nuovo, di più profondo. Perciò, per comprendere e per rispondere a questa domanda radicale dell'uomo, a questa sua sete di felicità, la prima cosa da fare è di avere il coraggio di appellarsi a una "ragione totale", vale a dire a una ragione che non sia soltanto "produttiva", che non prenda la realtà come oggetto, ma che sia anche aperta all'ascolto del "tu", dell'amore, anche dell'amore eterno e della sua forza trasformatrice. Svegliare la ragione, perché non si addormenti nel dato, anche quello calcolato e prevedibile. Le sue "fortune" vengono anzi proprio da ciò che non abbiamo previsto!" ("Gli scritti di Joseph Ratzinger Edizioni Messaggero Padova e la Facoltà Teologica del Triveneto in libreria nel volume Salvezza cristiana e storia degli uomini”).