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"La costanza di un’abitudine è di solito proporzionale alla sua assurdità"
Scritto da Lametino7 Pubblicato in Maria Arcieri© RIPRODUZIONE RISERVATA
Di inviti e di docce, si parlerà in questo articolo. Infatti ultimamente si ascoltano nelle conversazioni, (che sono sempre di più monologhi) i luoghi comuni che vedono come protagonisti gli inviti e le docce. Due pessime abitudini. La doccia nel menzionarla… e l‘invito nel vantarsene come se fosse un premio che si vince. In che senso? L’invito per alcuni è il pane quotidiano. “Sono invitato da quella associazione o da quella cerchia di amici” e la loro frase tipo. Infatti le loro scelte sono calcolate sin dall’infanzia. Amici, mogli, mariti sono organizzati a tavolino fin dall’adolescenza. Per entrare in quella cerchia e essere invitato. Come posso fare per essere invitato sempre? Ecco la risposta. Calcolare. Sopportare. Avere gli stessi interessi, i figli compagni di scuola e perché no, gli stessi vizi. E il gioco è fatto. Anzi, e l’invito è arrivato.
La doccia è invece una litania che molti citano nel corso di una conversazione. “Vado a farmi una doccia, devo farmi due docce al giorno…”. Ma costoro, si sono mai chiesti a chi potrebbe interessare o chi potrebbe essere mai curioso del bagno schiuma o della spugna che si usa? Quindi, è un monologo da non inserire ripetutamente nel contesto di una conversazione. “Vado a cambiarmi” rende l’idea che rientri o dovrebbe anche l’igiene personale. Altrimenti si potrebbe pensare che chi non menziona questa frase faccia a meno del getto d’acqua quotidiano. Per fortuna non è così. O magari ha più stile. O almeno si spera!
Risalendo di qualche rigo descriviamo la rilevanza per il prototipo-provincialotto sull’invito. Nelle vicinanze dell’evento tenta tutte le carte per diventare amico dell’organizzatore. Un compleanno, una festa un convegno, e lo vedi sgattaiolare dietro al padrone di casa. Vive delle vere e proprie ansie quando viene a conoscenza di una festa e lui non è tra gli eletti. Ti menziona la sua agenda gremita di inviti per suscitare o pensare di fomentare la tua invidia. È curioso di sapere tutti gli altri dove è, con chi si sono frequentati, per il terrore di essere messo da parte. Pensa di avere amici ma chi lo circonda sa che è un’opportunista interessato e comunque, lo inseriscono nella lista perchè partecipa sempre ai regali. Poi c’è l’invitato morboso. Quello che quando non può essere presente telefona o chiede all’amico (anche lui presenzialista), “Chi c’era ieri alla cena?”. E l’altro cita nome, cognome e look con la speranza che ricambi quando lui porrà la stessa domanda quando non sarà invitato.
E infine tutte le cene i pranzi e i meeting dove uno dei due presenzialisti non riceve l’invito diventa sempre l’occasione mondana più in della stagione. Avete fatto caso? Sono luoghi comuni verbali che non arricchiscono chi ascolta e rendono banali, provincialotti e noiosi chi ne fa il discorso trainante della sua esistenza…. .
“Un essere che si abitua a tutto: ecco, penso sia la migliore definizione che si possa dare dell’uomo” (Fëdor Dostoevskij).
(La frase del titolo è di Marcel Proust)