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Giorgio Almirante e la legge urbanistica regionale
Scritto da Lametino 5 Pubblicato in Giovanni Iuffrida© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'attualità del pensiero di Giorgio Almirante è anche nel suo lungo intervento del 26 gennaio 1970, in Parlamento. L'allora segretario del Movimento sociale italiano dimostrava con la solita lucidità i tanti perché della sua netta opposizione allo Stato federale, affermando le antiche posizioni antiregionalistiche missine. Un'analisi chiara, che evidenzia la contrapposizione tra il pluralismo cattolico, impregnante in linea con la tradizione del Partito popolare tutta l'azione politica democristiana del dopoguerra, e l'intransigente posizione della destra italiana del tempo.
Almirante puntava l'indice su due aspetti: i costi altissimi dell'istituzione dell'ordinamento regionale e il pericolo dell'anarchia amministrativa e legislativa. In realtà la potestà legislativa regionale, che è sì derivata e non primaria, ha di fatto comportato la realizzazione di mostri giuridici a danno del buon governo del territorio.
Anche i riferimenti agli “interessi principeschi” della Calabria sono stati chiaramente esplicitati nell'intervento del segretario del Msi. Lo stesso Alcide De Gasperi, viene presentato da Almirante – per rafforzare le buone ragioni della propria posizione – come “regionalista di indubbia buona fede, nei confronti di un istituto regionale che egli voleva sì partorire ma con crescente cautela”. E Almirante certamente non si sbagliava quando affermava che “è perfettamente vero che gran parte delle leggi vigenti (alludo – precisava – ai testi unici, alle leggi organiche, dai codici dell'urbanistica a talune norme fondamentali sull'agricoltura) risalgono al periodo fascista”. Leggi il cui impianto rimane tuttora vivo. Oggi invece è assolutamente paradossale, non solo che vi siano contraddizioni tra norme urbanistiche nazionali e degli enti (teoricamente) subordinati, ma persino all'interno delle stesse norme regionali. Un esempio eclatante: il comma 1 bis dell'art. 65 della legge urbanistica della Regione Calabria afferma che ai Comuni che approvano entro dicembre 2017 i Piani strutturali “sono riconosciuti meccanismi di premialità nella determinazione dei punteggi ai fini dell'accesso alla risorse della programmazione dei fondi comunitari”. Sarebbe interessante capire come si possa coniugare questo principio con quanto stabilito dalla stessa Regione Calabria nell'art. 20 delle Norme del Quadro territoriale regionale paesaggistico (Qtrp) che premia invece quei “Comuni che nella loro pianificazione adottano la politica urbanistica di non prevedere alcun ambito urbanizzabile”, e che per giunta precisa: “tali Comuni dovranno essere in posizione di vantaggio per l'assegnazione di fondi finalizzati a programmi di rigenerazione urbana o tutela e valorizzazione dei centri storici”. Una contraddizione tra legge urbanistica regionale e Qtrp – entrambi figli di una Regione bifronte – che non rappresentano un mistero glorioso, perché la verità la si può trovare tutta in quel famoso intervento di Giorgio Almirante. Una ragione in più per dire che aveva visto giusto: le Regioni, purtroppo istituite, vanno assolutamente abolite, con la totale revisione del Titolo V della Costituzione, unitamente ai Comuni e alla loro autonomia, dando, al contrario, ruolo di governo del territorio ad Enti intermedi creati dall'Italia repubblicana (Aree metropolitane, Aree vaste, ecc.), aggregazioni di più comuni o addirittura affidando la regia territoriale alle Province attribuendogli nuovi ruoli e funzioni.