L'uomo che imprigionava cascate

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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francesco_bevilacqua_.jpgGiovedì, un giovane amico ha postato sul mio diario di Facebook il racconto della disavventura capitata al suo gruppo lungo il breve e comodo sentiero che conduce alla bellissima Cascata della Tiglia, nei pressi della Frazione Panetti di Platania (provincia di Catanzaro, Gruppo del Monte Reventino). E' stato loro impedito di rientrare dalla via dell'andata da un tizio (che ormai conosco perfettamente) che ostentava un coltello, fingendo di affilarlo. Il mio amico, previdentemente, ha evitato ogni provocazione e ha egregiamente condotto il gruppo in una difficile e faticosa risalita a monte delle cascate, in un percorso reso assai complesso dalla cancellazione dei vecchi sentieri e dalla presenza di un fittissimo sottobosco, verso la frazione di Campochiesa, 300 metri di dislivello più in altro. Grande spavento, grande rammarico, grande indignazione. Il gruppo è stato recuperato dai carabinieri di Platania ai quali è stato raccontato l'accaduto.

Anch'io ho avuto a che fare con il tizio. L'ho incontrato non più di un mese fa insieme a Massimiliano Capalbo (di Orme nel Parco, esperto di marketing turistico, con il quale, da tempo, conduciamo comuni battaglie per risvegliare luoghi e gente), sempre sul sentiero per la Tiglia. In quell'occasione fummo molto comprensivi e gentili. Lasciai al tizio i miei numeri di telefono. Successivamente sono tornato a Panetti e gli ho anche donato una copia del mio libro sul Parco Nazionale della Sila. Ho cercato di fargli capire che la Cascata della Tiglia è un luogo speciale, che la sua vicinanza alla strada asfaltata ed a Panetti (15 minuti di comodo cammino), a Platania (10 minuti d'auto), a Lamezia (20 minuti d'auto), costituisce un'occasione irripetibile per far conoscere quei luoghi, farli rinascere, produrre economia sana per la gente che li abita, attrarre gente. Scout, Pro Loco e tanti amici di Platania sono anch'essi consapevoli dell'importanza del luogo e, più in generale, del territorio del loro piccolo ma bel paese. Gli amici amanti della lettura e della scrittura di Manifest avevano già organizzato a Panetti un loro evento, accolti con cortesia e affetto dalla famiglia di Pasquale Raso e Giovanna Caruso. Della famiglia fa parte Francesco Caruso, che è l'unico minorenne del villaggio e che ho nominato "Custode della Tiglia", regalandogli il mio libro sul Parco del Reventino. Francesco studia all'istituto alberghiero di Lamezia Terme: sarebbe bello che non dovesse emigrare per trovare lavoro, che potesse rimanere a Platania ed aprire proprio a Panetti una sua attività. 

Dopo l'evento di Manifest, il tizio in questione mi telefonò arrabbiatissimo, minacciandomi che mi avrebbe "tagliato le gambe" se avessi mandato altra gente a vedere la Cascata della Tiglia. Intanto la notizia si è sparsa e sempre più gente vuole vedere la cascata. Che proprio in questo periodo è particolarmente sontuosa per la piena del fiume Piazza. Sennonché il tizio ha sbarrato l'accesso principale per la cascata lungo un vecchio acquaro che convogliava l'acqua proprio sotto la cascata e la portava ad una serie di coltivi. Si tenga conto che l'alveo del Piazza è demanio fluviale e quindi proprietà pubblica. Ma non basta: lungo il fiume, prima di arrivare alla cascata naturale, vi sono alcune briglie di pietre e cemento realizzate molti decenni fa per contenere la forza dell'acqua, che devono poter essere raggiunte ed aggirate con facilità per evidenti motivi di protezione civile. Sabato scorso, dopo la segnalazione del mio amico, con altri amici, un tecnico e degli operai del Comune di Platania, siamo andati sul posto ed abbiamo aperto un nuovo itinerario (vi erano segni evidenti di un antico passaggio), più vicino al fiume, ripulendolo. Convinto di aver risolto il problema, ieri sono tornato con un gruppo di amici per un giro che avrebbe dovuto toccare anche la cascata. Alle 8,30 il tizio era lì, sopra la briglia. Imprecava. Scaricava legna, arbusti, pietre, su quello che era il passaggio che avevamo riaperto. Come il mio amico, abbiamo evitato di raccogliere la provocazione e siamo tornati indietro, facendo la nostra bella escursione salendo verso il borgo di Pietra, da lì andando a Campochiesa e tornando a Panetti ad anello. Lungo il percorso abbiamo incontrato contadini di una gentilezza ed una generosità disarmanti: tutti volevano offrirci da mangiare e da bere. Tutti ci auguravano buon cammino. Erano felici che apprezzassimo i loro luoghi. Ora, mentre prima pensavo che il tizio avesse solo paura che qualcuno rubasse nei suoi coltivi (ha messo degli strani cartelli con teschi ed avvertimenti che i campi sono avvelenati), ora ho capito che non vuole, invece, che la gente (neppure quella di Panetti e Platania) vada alla cascata. Considera la cascata cosa sua. Evidentemente considera cosa sua anche il demanio fluviale. Per questo impedisce l'accesso. Per questo ha sparso sparso ostacoli ed impedimenti al passaggio anche laddove non può avere alcun diritto di proprietà (ad esempio la briglia).

Il sindaco di Platania, Michele Rizzo, che è un tecnico, è persona sensibile e capace, l'amministrazione comunale nella sua interezza, la gente di Platania dovrebbero prendere a cuore la situazione e cercare di risolvere il problema. La Cascata della Tiglia - come le Gole del Raganello per Civita (Pollino) o la Cascata di Marmarico per Bivongi (Serre) o il Canyon delle Valli Cupe per Sersale (Sila Piccola) - rappresentano luoghi reali e nello stesso tempo simbolici, altamente utili a produrre rigenerazione culturale, sociale ed economica. Andrebbe valorizzata, fatta conoscere, utilizzata come grimaldello per far ricrescere l'agricoltura tradizionale, l'ospitalità rurale, l'accoglienza, la convivialità, tutte quelle cose, insomma, che la gente delle nostre campagne sarebbe capace di offrire, spontaneamente, se solo avesse un piccolo aiuto da pare delle istituzioni. Quanto al tizio, ieri, camminando nei luoghi straordinari che contornano la valle del Piazza, mi è venuto in mente, per contrasto, il libro di Jean Giono "L'uomo che piantava alberi". Vi si racconta la storia vera di un pastore della Provenza che per tutta la sua vita, portando al pascolo i suoi animali in una landa desolata, sottoposta nei secoli a diboscamento, ogni giorno conficcava nel terreno delle ghiande. Alla fine della sua vita, quell'uomo aveva restituito al luogo un'intera foresta di migliaia di querce, ridandole l'antico volto e l'antico splendore. Ecco, mentre il protagonista del libro di Jono è "l'uomo che piantava alberi", il tizio della storia che vi ho narrato è "l'uomo che imprigionava cascate". 

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