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Grotta rosa, Cascata della timpa dell'aquila: i Draghi di Magisano
Scritto da Lametino 5 Pubblicato in Francesco Bevilacqua© RIPRODUZIONE RISERVATA
Come ho potuto dimenticare? Dimenticare quel triangolo magico di Sila Piccola che sta sopra l'abitato di Magisano? Quando Salvatore Tozzo mi telefona per invitarmi a camminare nel paesaggio della sua Magisano, lo sorprendo con la prontezza del mio "sì". E' come riaprire un file sospeso nel mio encefalo. Tutto era fermo a quel 1998 che indico sulla mia guida al Parco Nazionale della Sila come ultima verifica dell'itinerario nelle gole della Fiumara della Foresta (o Fiumara Grande), di Magisano, appunto. Anche se quest'inverno abbiamo fatto due splendidi cammini nelle gole alte del Torrente Finoieni (che sulle carte viene indicato erroneamente come Finoieri), altro corso d'acqua di Magisano. Ed è proprio in quelle due ultime occasioni che qualcosa aveva colpito la mia immaginazione topografica.
Avevo detto ai miei: "qui dobbiamo tornare presto! E a lungo!" Ecco perché non mi giunge inatteso l'invito di Salvatore. Il suo richiamo è anche quello dello spirito del luogo. Perché lui incarna esattamente lo spirito del luogo. In questa zona fa l'architetto e l'amministratore. Ma in realtà, da anni si è assunto il compito di risvegliare la memoria dei luoghi nella sua comunità. Con noi c'è anche l'archeologo Francesco A. Cuteri con il piccolo Nicolò. Una sorpresa graditissima. Salvatore ci guida nel primo itinerario. Caliamo dall'alto in una fitta foresta di lecci e di pini larici sino al fondo della Fiumara Grande. Meraviglia! Un'acqua tersa come cristallo riempie le vasche di roccia. La vista penetra l'acqua sino al fondo. Dove risaltano perfettamente la sabbia, le pietre, le foglie... e le trote, che guizzano inquiete. Il Comune ha realizzato un percorso laterale che risale il corso del fiume, lungo il bosco ripariale di ontani e pioppi. Sono stati bravi, gli operai forestali. Dimostrazione che quando si affidano loro progetti semplici ed intelligenti, questa gente sa dare il meglio di sé. Nonostante il periodo di magra, alcune pozze sono profonde. Perché la potenza erosiva del fiume ha scavato nel cuore della roccia. Tutto è levigato, striato, lisciato come se un grande scultore fosse stato all'opera per millenni. Salvatore ricorda giustamente il titolo di un famoso libro di Marguerite Yourcenar "Il tempo, grande scultore".
Ma qui oltre al tempo ha lavorato l'acqua. Che è il drago del mito greco. Come intuì perfettamente Norman Douglas in un memorabile capitolo del suo "Vecchia Calabria" intitolato, appunto, "I draghi". E come ha ripreso Roberto Calasso nel suo "La follia che viene dalle Ninfe". Per entrambi, il drago è l'acqua vitrea del fiume, che osserva con vista acutissima. Le acque sono "cose che vedono". Anche nel senso della divinazione e della possessione, la "manía" che viene dagli dei. E i loro occhi hanno un corpo, che è appunto il fiume serpentiforme, draghiforme. Il fiume è l'archetipo del drago. E' intento Nicolò. Che sfugge d'istinto lo sguardo del drago, ispezionando erbe e fiori, dei quali conosce perfettamente i nomi. Noi adulti, invece, rimaniamo incantati e incatenati. Posseduti dal drago. Per quanto i nostri draghi quotidiani e prosaici siano bel altri che quelli del mito. Ma oggi la forza tellurica della roccia e lo sguardo vitreo dell'acqua ci hanno colti di sorpresa. Non abbiamo avuto la prontezza istintiva e infantile di Nicolò. Entriamo nella tana del drago. E' la Grotta Rosa. Il capolavoro dello scultore quaggiù. Pur avendo a disposizione solo della dura roccia cristallina, egli ha eseguito un mirabile cesello. Creando una sorta di grande nicchia che si ripiega su un lago oscuro e misterioso, l'occhio del drago. Restiamo a osservare a lungo, incapaci di staccarci da quella visione. Poi risaliamo. Vediamo, sulla pendice di fronte la Timpa dei Grubi e il Vallone dei Briganti, dove leggenda vuole che siano nascosti tesori. E Salvatore ci fa spostare lungo una vecchia carrareccia che scende più in basso, nella stessa valle, e poi risale sul crinale di Quartiere, sino ai ruderi di rifugi di pastori. E da qui inizia la seconda calata verso il drago. Questa volta è il drago del Finoieni. Un antico sentiero conduce, fra castagni secolari, giovani lecci, sughere, farnetti, a un acquaro e poi, anche in questo caso, risale il corso del secondo fiume, accompagnata dal solito orlo di ontani. Sino alla cascata di Timpa dell'Aquila. Un grande masso erratico è rimasto incastrato alla testa della cascata dividendo il salto in due tratti. Anche qui una nicchia. Questa volta più scura, maculata di licheni rossi. Solo l'acqua risplende per la luce del sole. Secondo incantamento. Cosa doveva provare la gente semplice - pastori, contadini, boscaioli - che giungeva sin qui intrisa di pensiero mitico? Possiamo solo immaginarlo rileggendo i testi greci. Oppure apprendendo da Calasso. La natura era il referente unico del mondo antico, dominata da "ananke", la necessità. Come per noi inurbati lo è la società "nella sia demoniaca sufficienza". Aristotele ci ricorda che gli uomini possono ottenere la felicità ("eudaimonía") come una ebbrezza raggiunta per ispirazione di un essere divino. "Sono potenze che agiscono improvvisamente, catturano e trasformano la loro preda - scrive Calasso - [...]. Per i greci, la possessione fu innanzitutto una forma primaria di conoscenza, nata molto tempo prima che i filosofi la nominassero". Dunque, per non farla lunga, oggi, grazie al medium Salvatore, siamo stati posseduti dal drago, una abrupta felicità ci ha colti ed abbiamo osato addentrarci nella conoscenza. Che è poi il semplice vedere le cose col cuore. Questi luoghi sono stati nello stesso tempo luoghi di sopravvivenza e luoghi di conoscenza per uomini e donne di un'intera comunità. Qui essi hanno trovato il loro sostentamento materiale e spirituale. Qui si è formata la loro idea psichica (e mitica) di una "heimat" come direbbero i tedeschi, di una patria. Quel senso di appartenenza ai luoghi, quell'idea di comunione con i luoghi, che per molti, troppi anni, è mancata a Magisano come altrove. E che oggi pian piano, anche grazie al lavoro di Salvatore, si sta risvegliando. Un intero mondo si è risvegliato oggi dentro il fondo delle nostre anime grazie ai draghi della Grotta Rossa e della Cascata di Timpa dell'Aquila.