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PD, della data del congresso interessa solo a loro
Scritto da Lametino 3 Pubblicato in Filippo Veltri© RIPRODUZIONE RISERVATA
È curiosa la discussione in atto tra i dirigenti del Pd calabrese, accapigliati sulla data e su come svolgere il loro congresso regionale, rinviato per l’ennesima volta e ore atteso non si sa quando. Forse ottobre, forse il prossimo anno. E’ curiosa la discussione perche non è chiaro se i dirigenti e i militanti del PD sono informati del fatto che ai calabresi non importa nulla del dibattito sulla data del loro congresso. Sono mesi che si leggono articoli, dichiarazioni, documenti, petizioni, resoconti di riunione su questo argomento. “Il problema - ha scritto Leo Pangallo dirigente di lungo corso dell’allora Pci - non è chi dirige (o chi comanda) il Pd; ma se il Pd ha ancora una capacità di leggere i mutamenti ed i bisogni della società calabrese e, quindi, se è in grado di esprimere una proposta che parli alla pancia ed al cuore dei calabresi. Né, a mio parere, ai calabresi importa molto dell’attività di denuncia dall’opposizione alle inadempienze altrui. Anche perché spesso si tratta delle stesse inadempienze consumate precedentemente dal Pd forza di governo e maggioranza.
Quel che manca ai democratici è una proposta per la Calabria, per le città, per i ragazzi e le donne calabresi. Ogni tanto s’intravede un qualche filone d’iniziativa come quello, importante e significativo, del salario d’ingresso per i giovani come punto di partenza di un progetto più generale sul lavoro; ma rapidamente qualsiasi tentativo si disperde nel mare magnum dello scontro interno’’. Il punto, infatti, è capire di cosa discuteranno i militanti del Pd al congresso. “Temo - dice sempre Pangallo - che l’unico argomento che li appassioni sul serio sia lo studio di una ricollocazione dei dirigenti all’interno delle cordate risistemate nazionalmente alla luce degli equilibri determinati dal nuovo governo. Niente da spartire con i dolori, le sofferenze, il disagio e i bisogni della nostra terra”. “In questo contesto diventa difficile perpetuare l’attuale classe dirigente di quel partito; così come penso che sia altrettanto complicato pensare di poterla sostituire con nuovi dirigenti cresciuti alla stessa scuola politica, scarsamente abituati all’autonomia intellettuale, alla fatica dello studio, alla umiltà della gavetta e del rapporto con la gente. Occorrono novità forti, percepibili, traducibili in una cessione di potere partitico. E non si tratta del solito appello agli esterni, alla società civile, a nuove adesioni, chiamata con l’orribile denominazione di anagrafe degli iscritti; cioè il motivo più importante dei litigi interni al PD calabrese”. Non c’è nulla da aggiungere: riflettano, se possono, i dirigenti democratici. Al di là delle sporadiche campagne d’ascolto come quella lanciata in questi giorni di giugno.