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Il diverso tipo di sovranismo alimentato dall’impero americano ha cambiato ordine di priorità alle risposte che la sfida alle diseguaglianze impone alle democrazie. Uno dei più autorevoli commentatori del Financial Times, Gideon Rachman, ha addirittura coniato un nuovo termine: l’Internazionale Nazionalista, per fare intendere il network dei leader sovranisti, in lontana memoria con quella Internazionale che aveva ben altri scopi.Un punto in comune tra tutti gli studi è che le diseguaglianze sono talmente pronunciate da non poter che essere oggetto di intervento pubblico sia per la loro dimensione sia perché l’investimento delle aziende private non può essere strategico. Si tratta di equilibrare (scrive in suo pregevole recventissimo saggio Giuseppe Scanni) ‘’gli scompensi geoeconomici che nel pianeta oppongono aree urbane o macroregioni (per esempio la City londinese, la Silicon Valley, la Baviera etc.) il cui benessere è crescente mentre nelle stesse nazioni aumenta il disagio economico, sociale ed in alcuni casi la povertà’’.
Adattare la forza lavoro alle nuove tecnologie manifatturiere, trasformare l’innovazione per creare nuove professioni e quindi occupazione, investire ingenti somme nell’educazione professionale :ebbene, è qui che si biforcano i toni dello Stato nazionale. La storia del lavoro e dei lavoratori ha scontato che l’intervento pubblico non avviene senza scelte di campo e senza opposizioni e lotte, trasformando gli Stati in progressisti dotati di una “visione” o repressivi. L’attuale populismo in salsa italiana rivendica, seppur confusamente, lo Stato a favore dei cittadini sostenuto da masse disagiate in cerca di sicurezza. Il progresso con la repressione di determinati fenomeni esogeni è divenuta una chiave interpretativa della realtà suggerita dall’attuale presidenza americana, che appartiene alla teologia geopolitica.
In questa contraddizione, spia della mancanza di conoscenza del principio di realtà, si nasconde la debolezza e la contraddizione che segnano l’isolamento internazionale dell’Italia. Fuori dai temi reali dello sviluppo e del superamento delle crisi evolute con la globalizzazione, è invalsa l’abitudine di reclamarsi europei quando si chiede aiuto, sovranisti nel controllo e gestione di una emergenza definita comunitaria e nell’abbandonare appena possibile le intese con gli altri stati dell’Unione nel confronto con gli Stati Uniti e/o la Russia. Il modo migliore per essere catalogati come paranoici o isolati.
E’ un grave errore pensare che l’acida asprezza di un sia pur giovane capo di Stato francese debba essere considerata alla pari di quella che è abusata in qualsiasi battibecco nostrano. Immaginiamo questa funesta opzione: fuori dal concerto europeo; soffocati dai debiti; privati dagli speciali rapporti di cooperazione economica che ci legano ad una parte della Libia ed ad altre entità medio orientali ed africane. Rischiamo davvero molto più di quel che possediamo e questi leader sovranisti prima di cadere faranno un bel po’ di danni, tenuto conto che il nuovo Governo italiano e’ stata una grande vittoria per loro tenuto conto che siamo un paese chiave.