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E’ la “teoria della felicità nella savana”. Numerosi studi hanno rivelato l’indole solitaria delle persone con un’intelligenza particolarmente sviluppata. I ricercatori Norman Li e Satoshi Kanazawa si sono basati sulla “teoria della felicità nella savana”, dove l’origine della felicità nel periodo del Pleistocene, 2.6 milioni di anni fa e terminato circa 10mila anni prima della nostra epoca geologica. La “teoria della felicità nella savana”, che rendeva felici i nostri antenati (l’Homo habilis, l’Homo erectus, l’Homo neanderthalensis e, verso la fine del Pleistocene, l’Homo sapiens) nella savana, perchè vivevano in ambienti naturali o in tribù divise in cacciatori e raccoglitori. E che potrebbe renderci felici anche oggi.
Da sempre l’immaginario collettivo è pieno di immagini iconiche del genio solitario. La teoria, vede l’evoluzione del cervello umano che potrebbe averlo reso più adatto ad un contesto rurale e naturale, cioè a una una vita con meno persone intorno. Le tappe dell’evoluzione il cervello umano lo hanno sviluppato, ereditando le abitudini mentali che i nostri antenati avevano quando vivevano nella savana. Questa, ha causato alcune difficoltà nel comprendere pienamente la modernità della vita degli esseri umani. E possiamo riassumere che la felicità è il risultato della combinazione tra questa eredità e la possibilità di comprendere la modernità in cui vive l’individuo. Nel 2017, in uno studio pubblicato dai ricercatori Norman Li e Satoshi Kanazawa, sulla rivista British Journal of Psychology, gli autori hanno ricercato le cause della relazione tra intelligenza e solitudine nell’ottica della psicologia evoluzionista.
E con la premessa della “teoria della felicità nella savana” i ricercatori hanno analizzato i dati su più di 15mila giovani di età compresa tra 18 e 28 anni, raccolti nel National Longitudinal Study of Adolescent Health, negli Stati Uniti. Hanno raccolto i dati sull’ l’intelligenza, la salute, il benessere e la soddisfazione. E Li e Kanazawa hanno notato che, trovarsi in mezzo a grandi concentrazioni di persone causa infelicità. Dalla loro analisi è emerso che socializzare con pochi amici suscita emozioni soddisfacenti. C’è anche una minoranza di persone per la quale socializzare, anche con pochi amici, causa di infelicità. Questi individui risultano essere più intelligenti della media della popolazione. Le persone intelligenti si sentono più soddisfatte della loro vita in città e sono più felici quando passano meno tempo in mezzo alle persone. Quando immergiamo il nostro cervello in un ambiente urbano con una vasta densità abitativa, la nostra prima reazione potrebbe essere quella di suddividerci in gruppi sociali più piccoli. Per Kanazawa e Li, l’intelligenza ha contribuito a fare in modo che l’umanità si preoccupasse di altre cose, a parte la semplice sopravvivenza. Quindi le persone con un quoziente intellettivo più alto della media potrebbero essere più preparate delle altre a superare fattori di stress che i nostri antenati non sarebbero stati in grado di risolvere mentalmente. Questi soggetti, per i ricercatori si distinguono dagli altri perché, a causa della loro stessa intelligenza, tendono a fare cose “contro natura”. Per la “teoria della felicità nella savana” queste persone cercano di fare ciò che i loro antenati non hanno fatto. Come, non socializzare, o non cercare la felicità nel contatto con gli amici.