Sembra banale chiedere a una persona come stai che oltre a voler rompere il ghiaccio è un proforma. E tu come stai cantava decenni fa Claudio Baglioni. Ora si canta, “Questa non è Ibiza” quasi a voler sottolineare che come stai non mi interessa affatto. Anche perché il più delle volte famoso e dimenticato Come stai che pretendiamo di ricevere in realtà siamo i primi che con difficoltà lo rivolgiamo. È una domanda che dice molto sia su chi la pone che su chi la riceve e diventa seccante in entrambi i ruoli. O capita che appena finisci di formularla pensi, ma cosa vuoi che mi interessi. In altri casi neanche lo chiediamo. Ma se qualcuno dimentica questo proforma, ce lo leghiamo al dito. Siamo viziati nella viviamo nel momento storico di massima esigenza, che spazia dal narcisismo, all’egoismo arroganza presunzione prepotenza da inserire nei massimi storici. Evince dal dato che si ricevono messaggi e-mail che vanno subito al dunque senza questo fastidioso ma simpatico interrogativo. Accade a molti perché vogliono evitare di perdere tempo e energie a discapito delle buone maniere. In effetti dietro al sempliciotto e innocente come stai ti rendi conto che dovrai mettere al centro la persona e quello che fa. Dalla parte di chi se lo sente chiedere contiene diverse sfumature. E genera una sorta di gratificazione per il senso di accettazione della persona che chiede, e diventa uno momento di riflessione per elaborare la risposta.

Il problema è quando si vive un periodo non dei migliori che porta, costringe a analizzare le emozioni negative e quello che può generare la reazione dell’altro. Dalla massima capacità di immaginazione affettiva all’ arte di una telepatia di emozioni. La rosa delle probabili risposte è vasta ma l'importante che non finisca mai l’abitudine di chiedere; come stai? Anche perché ormai in ogni relazione è importante scandire dei confini in modo assertivo. All’ ordine del giorno ormai subiamo insulti e offese. Forse è l’effetto crisi economico/sociale o è semplice e inutile maleducazione. E, capita che ci troviamo a interagire con persone che non sanno gestire i propri carichi emotivi e li scaricano sul prossimo. Ma cosa significa incassare un’offesa? Non è semplice perché se qualcuno reagisce con rabbia devi pensare che l’offesa racconta la vita interiore del mittente e nulla su chi la riceve. Ma purtroppo i comportamenti negativi sono contagiosi. Chi subisce un’offesa reagisce in molti casi con la stessa enfasi e gli effetti diminuiscono le prestazioni di chi le subisce compromettendo le attività quotidiane. Bisogna difendersi per salvaguardare la salute perché è normale avere idee che non sono in linea con quelle degli altri. Non è naturale sopraffare l’interlocutore per potersi sentire migliore. E i conflitti generano sempre tensioni tra soggetti che non riescono ad avere sintonia. Nell’insulto l’obiettivo è l’esito di un conflitto distruttivo in cui uno dei due è incapace di adottare una comunicazione emotivamente matura. E chi innesca conflitti distruttivi è una persona competitiva che vuole convalidare se stesso a discapito dell’altro. E ha bisogno di un consenso che gli viene negato anche perché l’opinione degli altri è percepita come minaccia all’identità in quanto difforme. Nella natura di chi offende lo scopo è turbare chi la riceve. E non reagire è la scelta migliore. Tipo scrollare la polvere di dosso (stile Michel Jackson nei suoi video musicali) e continuare per la propria strada. Nella risposta ci vuole più corteccia prefrontale e meno amigdala.