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Il tesoro vero che dobbiamo ricercare senza sosta sta nelle ‘cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra del Padre’". La virtù cristiana della povertà, “non consiste nel non avere, scrive san Josemaría, ma nell’essere distaccato: nel rinunciare volontariamente al dominio sulle cose”. Spiega papa Francesco, “l’avidità è un gradino, apre la porta; poi viene la vanità, credersi importante, credersi potente. Alla fine, l’orgoglio. Da qui vengono tutti i vizi. Sono gradini. Il primo è l’avidità, il desiderio di accumulare ricchezze. E’ una lotta quotidiana, amministrare bene le ricchezze della terra perché si orientino al cielo e diventino ricchezze del cielo.
Racconta il vangelo che mentre Gesù predicava, uno della folla gli chiese di sollecitare suo fratello a dividere l’eredità con lui. Gesù, mette in guardia dai pericoli dell’avarizia e dalla brama di una sicurezza basata sulle ricchezze. Sembra giusto che si reclami dal fratello la parte di una eredità; ma ignoriamo il conflitto familiare. Gesù, che conosce quello che c’è in ogni cuore (cfr. Gv 2, 25), sa che la richiesta non è retta perché gli si chiede di fare da giudice in una causa che ha giudici dalla legge. La brama di sicurezza umana porta a accumulare beni che, in realtà non usiamo e di cui potrebbero godere altri. Coloro che hanni necessità reali e non immaginarie. Rimangono nei granai dei ricchi i beni di cui non godono i poveri. E chi è benedetto con ricchezze, quando riconosce in queste una forma di servizio agli altri, pratica la povertà e il distacco. Benedetto XVI, spiega che “ La ricchezza, pur essendo in sé un bene, non va considerata un bene assoluto, non assicura la salvezza, anzi potrebbe comprometterla seriamente. E da questo rischio Gesù, mette in guardia i suoi discepoli. È saggezza e virtù non attaccare il cuore ai beni di questo mondo, perché tutto passa, tutto può finire bruscamente.
Spiega sant’Ambrogio che Gesù col suo rifiuto non vuole essere “arbitro delle ricchezze degli uomini ma dei loro meriti”. La richiesta ha origine dall’avarizia, e esorta a guardarsi da questa, perché né la brama di beni né il loro possesso garantiscono il bene eccelso della vita. Per i Padri della Chiesa che discutono la questione in modo simile a sant’Agostino: “il superfluo dei ricchi è il necessario dei poveri. E si posseggono cose di altri quando si posseggono cose superflue”. È naturale aspirare a un certo benessere, ma bisogna evitare di riporre nei beni il fondamento e della nostra felicità. La falsa sicurezza nelle cose materiali fa sembrare che queste siano in grado di garantire una lunga vita.