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I libri della politica dei giornalisti italiani si rincorrono nella storia repubblicana
Scritto da Lametino7 Pubblicato in Pino Gullà© RIPRODUZIONE RISERVATA
A pagina 135 de La Repubblica sotto processo. Storia giudiziaria della politica italiana 1994-2023 di Goffredo Buccini (inviato speciale ed editorialista del Corriere della Sera; romanziere prolifico e saggista), pubblicato quest’ anno da Laterza, vengono riportati alcuni passaggi de La Casta di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, prima edizione Rizzoli maggio 2007. Non solo, anche qualche retroscena sulla scelta del titolo. Volevano intitolarlo Bramini per dare significato ai ceti dominanti raccontati, ma prevalse la proposta del curatore editoriale Carlo Brioschi: appunto La Casta. Due milioni di copie vendute. Le parole di Buccini: “Di libri che volano così in Italia, ne compare sì e no uno ogni decennio”. Sono riportati nella sua pubblicazione anche cenni su imbrogli e soprusi di certi politici (ibidem) e la citazione della Commissione Cultura di Lamezia Terme riunita per chiedersi <<se Plutone sia ancora un pianeta>> (ibid). Come esergo l’articolo 54 della Costituzione: “I cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Articolo della Carta che viene ripreso nella penultima pagina.
Come ne La Casta, alla fine del libro il paragrafo La Repubblica delle pere indivise dove in sintesi si trova il racconto, La pera, di Ennio Flaiano (giornalista, scrittore e sceneggiatore), pubblicato sul Corriere della Sera il 18 agosto del 1970. La celebre firma del Mondo di Mario Pannunzio era stata invitata a cena al Quirinale dal Presidente Luigi Einaudi, <<di leggendaria frugalità>>, insieme ad altri colleghi: “La conversazione, annota Flaiano, filò via vivace e disinvolta. (…) Arrivati alla frutta, il presidente sospirò:<<Io prenderei una pera, ma sono troppo grandi, c’è nessuno che vuole dividerne con me?>>. Panico. (…) Il maggiordomo (…) durante la sua lunga carriera mai aveva sentito una proposta simile, ad una cena servita da lui, in quelle sale. Tuttavia, lo battei in volata: “Io Presidente”, dissi alzando la mano per farmi vedere come a scuola>>. La pera fu felicemente compartita” (pp.329-330).
Cap. XV Cambio di stagione: “Le elezioni politiche del 2022 designano, a differenza delle tornate precedenti del 2013 e del 2018, un chiaro perdente e un chiaro vincitore” (p.310). Giorgia Meloni: “Rappresento ciò che gli Inglesi chiamerebbero l’underdog. Lo sfavorito che per affermarsi deve stravolgere tutti pronostici” (ibidem). In realtà, al netto delle sue origini popolari, è cresciuta cibandosi di politica. Per il suo cursus honorum ricordo, tra l’altro, la vicepresidenza della Camera dei deputati e ministro della gioventù nel quarto governo Berlusconi. Pure Lucia Annunziata, alla fine dell’introduzione de L’inquilino di Palazzo Chigi, racconta L’Italia nelle braccia di Giorgia: “Dalle elezioni del 25 settembre 2022 arriva un risultato che sembra invertire il percorso della politica italiana. Per la prima volta l’elettorato indica con indiscutibile chiarezza una maggioranza di governo” (p.23). E Buccini si sofferma sull’ultimo decennio della Repubblica italiana, ma non racconta la lotta di potere a livello istituzionale, bensì tratta del malcostume diffuso: “Ciò che era corruzione diffusa è diventata cordata familistica, un posticino per il figliolo, un avanzamento per il cognato. (…) Poco prima delle elezioni politiche del 2022, il direttore dell’Agenzia delle entrate, Enrico Maria Ruffini, spiegava ad Enrico Marro del Corriere della Sera che ci sono 1100 miliardi di cartelle mai pagate (più di cinque volte il nostro Pnrr), 19 milioni di contribuenti, con almeno una cartella esattoriale, 106 miliardi di evasione l’anno” (p.331). La speranza nelle pagine finali del libro di Buccini con il ritorno alle radici della Repubblica Italiana: “Del resto, lo spirito dei padri costituenti non può essersi smarrito del tutto (…) dopo l’umiliante asservimento al fascismo. Sicché dovrà pur tornare a manifestarsi, magari col rientro di alcuni tra le centinaia di migliaia di giovani italiani d’eccellenza che hanno lasciato la patria per delusione e disaffezione: vera emergenza migratoria ma rovesciata rispetto alla narrazione xenofoba. Dovranno tornare, assieme alla disciplina e all’onore che chi scrisse la Carta sentiva come precondizione delle funzioni pubbliche” (pp. 335-336). Spero che l’auspicio si realizzi.