Quando la malapolitica richiama un libro già letto

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

© RIPRODUZIONE RISERVATA

pino_gulla_865eb_a280e_8b2cb_708ae_7bd60_dbe72_1b2ed_af80b_ab265_f0cb0_ec3b1_4918c_cd7de_e6a0f_21afb_73869_8db0a_bc2ae_c434a_c45d0_8209d.jpg

Quando assisto all’uso ricorrente dell’utilizzo del denaro pubblico da parte di certa politica per fini privati individuali o verso i propri partiti e movimenti, torno a risfogliare il libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili, edito da Rizzoli nel 2007. Una fortuna editoriale ancora attuale. È successo anche negli ultimi tempi caratterizzati da fatti corruttivi. Secondo alcuni studiosi la pubblicazione, andata a ruba, ha favorito, in parte o in qualche modo nel nostro Paese, il populismo, anche di partiti tradizionali e il desiderio di democrazia diretta di certi movimenti. Aggiungo: è aumentata l’insoddisfazione di una non trascurabile percentuale dell’elettorato a disertare gli appuntamenti con l’urna. L’astensionismo. Ho rivisto il libro, in particolare i brani già sottolineati a matita.  Evito di fare nomi (discutibili) sia di leader che di partiti, di ministri o di presidenti di enti per non cadere nella polemica politica, inconcludente. Mi interessano i fenomeni della sociologia politica. Diversamente sarà citato qualche esempio di spiccata moralità per far rinascere la fiducia a quelli del non voto.

Scorrendo le pagine, mi sono reso conto come sia utile ricordare e rileggere (o leggere per la prima volta) La casta per la presa di coscienza dell’elettorato in modo da favorire la formazione di nuovo personale politico in grado di generare fiducia nei cittadini al di là delle diverse opinioni politiche, legittime se osservano la Costituzione. Ritengo necessario ribadire alcuni passaggi dell’opera che possano convincere l’elettorato a dare un voto motivato ai prossimi appuntamenti elettorali scegliendo chi se lo merita e chi è in grado di governare nel rispetto delle regole democratiche. Nella storia d’Italia non è mancata l’austerità che, via via, nel corso dei decenni si è andata perdendo: “Il principio che la politica fosse un servizio da rendere gratuitamente come prevedeva l’articolo 50 dello Statuto Albertino [ai tempi della monarchia costituzionale] (<<Le funzioni di senatore e di deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione>>) era stato abbandonato da un pezzo. Già nel 1913 i deputati si erano auto-attribuiti una modesta indennità, ma solo a titolo di rimborso spese. Indennità confermata e aumentata nel 1925 dal regime fascista. Ancora come rimborso spese. Enrico De Nicola, eletto Capo provvisorio dello Stato [il 28 giugno 1946] (…) <<non utilizzò mai gli 11 milioni annui previsti per il suo appannaggio e fece il presidente pagando di tasca sua>>” (p.27).

Per i parlamentari le cose cominciarono a cambiare già alla fine degli anni ’50:<<350 mila lire mensili, con il diritto alla pensione e i periodici “anticipi” graziosamente concessi dall’amministrazione delle due Camere>> (p. 33). Verso la fine degli anni Settanta gli emolumenti di deputati e senatori aumentarono a dismisura: <<Ogni parlamentare, tra indennità (1.114.686 lire) e diaria (270.000) prende 1384.686 lire, per 12 mensilità>> (P. 34). Oltre agli stipendi aumentati, in questo periodo inizia il lusso ostentato: matrimoni e cene faraoniche organizzate da ministri; premi da centinaia di milioni e soggiorni in hotel. Una domanda alla quale non c’è stata risposta a pagina 62: “Come diavolo ha fatto Palazzo Chigi, nell’ultimo anno dell’era berlusconiana, a spendere 179.452 euro al giorno in voli di Stato? Come ha fatto ad accumulare 37 ore di volo al giorno?”. “Tutti al Columbus Day! Tutti al Columbus Day! Col seguito. Alla modica spesa di 345.000 euro. (…) E ovviamente viva gli aerei blu! Camera e Senato hanno speso 20.255.00 euro”.  Le auto blu erano arrivate a 40 mila unità nel lontano 1998 (p.76).

Presa di posizione della Chiesa: “I compensi eccessivamente alti dei politici sono una vera e propria ingiustizia nei confronti dei tanti che non sanno come arrivare a fine mese. (…) La Chiesa non è indifferente a questa corsa a chi arraffa di più. Chi amministra ha il dovete di farsi un forte esame di coscienza: cosa li ha indotti a scegliere la politica? In funzione di che cosa sono lì? Solo a mantenere un posto di lavoro ad alto livello? E se fare politica deve essere finalizzato al bene della società, perché aumentarsi stipendi e pensioni o utilizzare auto di rappresentanza più costose? (…) Pensioni e stipendi che lievitano, auto blu e altri privilegi… Se fossi un politico mi vergognerei. (…) Cittadini svegliatevi. Dovete far sentire la vostra voce, ribellarvi. E se gli amministratori si comportano in questo modo, lo strumento della gente per cambiare le cose è di non votarli più” (pp. 80-81). Oltre all’appartenenza e al nepotismo, la Chiesa mette in guardia sul rischio di infiltrazioni mafiose: “[Firma] una lettera collettiva alle parrocchie che denuncia come <<la mafia stia prepotentemente rialzando la testa>> e <<censura <<i cattivi esempi di assunzioni>> fatte <<in modo privatistico>> con <<il terribile principio che l’appartenenza a certe forze>> conti <<più della competenza>> (pp. 199-200)

Alla Regione Calabria dei primi anni 2000: “Gruppi consiliari ce ne sono 19: quasi uno ogni due consiglieri. [Con una leggina ad hoc hanno diritto] ad una decorosa sede di almeno tre stanze (…) a spese delle pubbliche casse. (…) Una seconda leggina assegna ad ogni uomo-partito (…) la possibilità di farsi uno staff tutto proprio a carico della Regione. Ogni mono-gruppo ha il diritto di assumere tre collaboratori. Dei quali almeno uno deve essere inquadrato nel settore direttivo. Di più: dato che ogni mono-partito deve (deve!) avere <<un segretario particolare>> e un <<responsabile amministrativo>>, (…) è ovvio che se questi sono laureati vanno <<funzionalmente equiparati ai dirigenti>>. L’integrazione: 4000 euro al mese. Lista di 86 persone divisa in due sezioni: “Di qua funzionari di partito, deputati trombati o portaborse. Di là i parenti”. Sistemati consiglieri regionali, segretari provinciali, componenti comitati centrali di partito, ex consiglieri comunali. Tra i parenti qualche esempio: figlio di un assessore comunale, la cugina di un deputato regionale, figli di deputati regionali …” pp.198-199.

Le ultime parole del libro dedicate alla nostra Città: “La Commissione cultura del Comune di Lamezia Terme si riuniva polemicamente (e gratis) con l’ordine del giorno più straordinario che mai sia stato discusso neppure nella più sfaccendata delle assemblee politiche: “Plutone è ancora un pianeta?”. Ci sarebbe tanto altro da scrivere, ma rischierei di essere ripetitivo rispetto agli articoli e alle recensioni del 2007. Consiglierei di leggerlo o di rileggerlo. Non ha perso di attualità, purtroppo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA