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Siamo un popolo che vive di assertività. È una caratteristica che equivale a avere il giusto equilibrio tra due polarità: aggressività e passività. In poche parole, quando regoliamo il nostro comportamento rispetto agli altri. Etimologia (dal latino “asserire”), cioè avere la capacità di esprimere idee ed emozioni, in modo efficace, rispettando l’interlocutore. Naturalmente bisogna aver un livello di empatia verso gli altri. Secondo me è forma, è pura finzione, in un mondo di conflittuali, isteriche, avere questo comportamento è frutto di Xanan. Per gli psicologi statunitensi Alberti ed Emmons, (tra i primi a parlare di assertività negli anni ‘60’), è «un comportamento che permette a una persona di agire nel proprio interesse, di difendere il proprio punto di vista senza esagerata ansia, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti, di difendere i propri diritti, senza ignorare quelli altrui». In poche e semplici parole, l’elemento essenziale dell’assertività è imparare a dire, no!
Molti per paura di incorrere in una discussione o di risultare sgarbati, accettano controvoglia le richieste dell’altro. Questa è passività, assecondare i desideri degli altri. Accettare le richieste degli altri, dev’essere una scelta volontaria e non determinata dall’incapacità di replicare. È vero anche al contrario. Cioè, se si decide di agire in modo assertivo, occorre rispettare anche la libertà delle altre persone di dire no, senza che questo possa provocare senso di rabbia o risentimento. E quindi in una terra di nervosi, esagerati, è giusto essere decisi e saper dire di no con garbo eleganza e motivazione valida e ragionata. Stesso discorso per chi preferisce vivere di assertività per non dover combattere per le proprie idee e convinzioni.