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Siamo circondati dalla violenza. C'è quella verbale dei conoscenti, nervosi. Degli amici, stressati. Degli sconosciuti, sociopatici o narcisisti. C'è quella mediatica nelle trasmissioni urlate e quella delle notizie di delitti, litigi per strada, femminicidi e violenze su donne e mamme. È sempre utile pubblicarle per far sapere le condanne che spettano ai vigliacchi che si sfogano sul sesso debole. (Personalismo violento ma non potevo trattenermi). Ma cosa sta succedendo? Si è tanto parlato di civiltà delle persone durante le costrizioni pandemiche. E ora c'è l'esplosione della rabbia. Del malcontento di un momento in cui si assiste inermi ai rincari sui beni di prima necessità (pane benzina e luce).
In un momento in cui è tutto velocizzato come non era mai successo prima dalle vaccinazioni ai trasporti aerei e ferroviari. Dove le riforme vengono approvate in un battito di ciglia, e le piazze urlano contro il green pass e applaudono (giustamente) alle forze dell'ordine. Intanto nel paese le differenze sociali e economiche sono sempre più distanti. È un momento di riflessione e di pazienza. Se non mettiamo all'ordine del giorno queste due caratteristiche rischiamo di menarci per strada o di offendere sui social. Sono delle piccole battaglie di insoddisfazione personale che combattiamo ogni giorno. E se nel calderone del malcontento inseriamo le persone che ci stanno accanto o vicine, le notizie di violenza lievitano e non se ne esce più. Decidono la finanza, il mercato, le multinazionali il nostro destino terreno. Quindi la marcia è cambiata dai governi alle potenze dei filantropi. Mentre anni fa erano la stampa e i poteri elencati dalla Costituzione. Che seguivano il loro iter giurisdizionale. Oggi sono altri i forti. E noi litighiamo con violenze inutili.