Lamezia, la riflessione di tre studenti del liceo Galilei: "Tutelare il diritto alla salute dei calabresi"

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Lamezia Terme - Tre studenti che frequentano la 2 A del liceo scientifico “Galileo Galilei”, Vittorio Liotta, Francesco Muraca e Lorenzo Zaffina, hanno affidato ad una lettera aperta la loro sentita riflessione sulla sanità in Calabria. Dalle lunghe liste di attesa, all’emigrazione sanitaria alle campagne di screening, i tre ragazzi chiedono alle Istituzioni più attenzione per il diritto alla salute di tutti i calabresi.

“Negli ultimi anni, c’è una parola che fa tremare le persone più di molte altre. Una parola che, appena viene pronunciata, gela il sangue, fa abbassare lo sguardo, spesso viene addirittura evitata: tumore. Ed è proprio alla stampa dobbiamo il nome di "malattia del secolo”, non solo per la frequenza con cui si manifesta, ma anche per il peso emotivo, psicologico, sociale ed economico che si porta amaramente dietro. È infatti quella di tumore una diagnosi che può cambiare la vita da un momento all’altro, non solo di chi la riceve, ma anche di chi sta attorno al paziente: familiari, amici, colleghi. Una patologia che, nonostante i passi avanti della scienza e della ricerca, continua a colpire duramente nella sua complessità e difficoltà di trattamento. In particolare, cresce in modo preoccupante il numero di casi tra le donne, soprattutto per quanto riguarda il tumore al seno. Un dato su tutti: solo in Calabria, secondo i dati dell’AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), ogni anno vengono diagnosticati oltre 1.200 nuovi casi di tumore alla mammella, e questi sono numeri sottostimati, perché i registri oncologici nella regione non sono ancora attivi in tutte le province. Ma se da un lato la medicina fa passi da gigante grazie alla ricerca, alle terapie sempre più mirate, alla tecnologia, dall’altro il sistema sanitario nazionale arranca in molte regioni, e la Calabria ne è uno degli esempi più evidenti. Prenotare una visita oncologica a Catanzaro o a Reggio Calabria può richiedere MESI. Non giorni, non settimane: mesi. E quando si parla di tumori la natura stessa della patologia ci insegna che ogni settimana può fare la differenza tra la guarigione e la condanna. All’ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, per esempio, non sono rari i casi in cui gli esami istologici (fondamentali per confermare una diagnosi tanto importante) impiegano più di 40 giorni per essere consegnati. Una situazione che genera ansia, stress, ma soprattutto ritarda trattamenti VITALI. E allora accade che chi può permetterselo si rivolge al privato, chi non può resta in attesa e la malattia, intanto, va avanti. Eppure, la prevenzione è la chiave. Gli screening mammografici, ad esempio, possono ridurre drasticamente la mortalità per tumore al seno permettendo di scoprire la neoformazione tumorale in uno stadio ancora precoce del suo sviluppo, ma in Calabria solo il 38% delle donne invitate aderisce realmente ai programmi di screening offerti dal Sistema Sanitario Nazionale, contro una media nazionale del 60%. Il motivo? Manca fiducia, ma soprattutto mancano strutture, personale, organizzazione. Ma in questo scenario difficile possiamo e dobbiamo riconoscere anche esempi di grande valore. La Breast Unit di Catanzaro, attiva presso l’Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio, è uno di questi; un’équipe multidisciplinare formata da oncologi, chirurghi, radioterapisti, psiconcologi, fisioterapisti e tecnici altamente specializzati che segue le pazienti passo dopo passo, dalla diagnosi alla terapia, fino alla riabilitazione. Un esempio concreto di come si può, con organizzazione e competenze, offrire cure di qualità anche in una terra ferita. Nel frattempo, il mondo là fuori continua a girare. Si parla di guerre, di crisi internazionali, di dazi, di riarmo. Si spendono miliardi in armamenti, mentre mancano i fondi per assumere infermieri nei reparti oncologici. Una contraddizione che fa rabbrividire. La sanità, lo dice la Costituzione, è un diritto di tutti, eppure sembra che stia diventando un privilegio per pochi. Ci chiediamo quindi: è accettabile che la possibilità di curarsi dipenda dal codice postale? È tollerabile che nel 2025 la speranza di vita possa variare di dieci anni tra Nord e Sud Italia? Secondo l’Istat, una donna che nasce in Trentino Alto Adige ha una speranza di vita di 86 anni, mentre in Calabria scende a 83 (e la qualità dell’assistenza sanitaria influisce eccome!). Dobbiamo ben capire da cittadinanza che l'Italia e soprattutto il Sud non chiedono miracoli ma chiedono solo quello che è già scritto nei principi fondamentali della nostra società: una sanità pubblica, accessibile e funzionante. Chiedono che i fondi non finiscano nelle tasche dei soliti noti, ma in macchinari che funzionano, in personale che possa lavorare con dignità, in strutture che accolgano e non respingano, e soprattutto chiedono risposte, perché la malattia del secolo si può affrontare, ma non da soli. E allora viene da chiedersi: com’è possibile che, in un Paese dove la scienza avanza, la medicina innova, la tecnologia corre, ci si ammali ancora di ritardi, burocrazia e silenzi? Il tumore, oggi, non è più solo una malattia del corpo. È diventato anche il simbolo di un sistema malato: lento, ingiusto, spesso disumano. Un sistema che si ostina a trattare la salute come un privilegio e non come un diritto universale. Siamo giunti alla conclusione che, specie in Calabria, il cancro si combatta su due fronti: quello biologico, fatto di cellule impazzite, e quello sociale, di abbandono, carenze, solitudine. Il primo richiede medici, il secondo richiede giustizia e responsabilità. Mentre la scienza può prendersi cura del primo, tocca alla politica, alle istituzioni e a ciascuno di noi prendersi cura del secondo. Perché alla fine, la vera terapia è quella che cura il corpo senza dimenticare la persona e la vera civiltà si misura non da quanto riesce a guarire, ma da quanto riesce a prendersi cura dei propri cittadini. Sarà davvero un Paese evoluto quello che smetterà di chiamare “eroi” i medici e inizierà a trattarli da esseri umani, con mezzi, tempo e rispetto. Sarà davvero un Paese libero quello in cui curarsi non sarà più una fortuna, ma una normalità. Fino ad allora, il vero tumore resterà quello che cresce dove si dovrebbe trovare lo Stato. E il silenzio che lo accompagna sarà la sua metastasi più grave”. (L’Unione delle Differenze: Vittorio Liotta, Francesco Muraca, Lorenzo Zaffina).

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